venerdì 25 dicembre 2009

Il H.R. Giger Museum: Dove le tenebre sono veramente più veloci della luce




di Jason V. Brock ©2009, traduzione di Sabrina Abeni ©2009.

Gruyères, Svizzera: lo stesso posto- come il suo nome- rievoca immagini di un passato distante; retaggi dimenticati, regni perduti. Lo scenario mozzafiato- nel mezzo delle Alpi, circondato da mandrie di mucche, greggi di pecore e fattoria- rinforza ancora di più l'inconscio desiderio per una vita che pare essere più semplice. Sebbene la Svizzera sia conosciuta per la sua precisione nella produzione di coltelli e orologi, e per la sua attività bancaria, qui non sembrano avere più significato né il denaro né il tempo... Certamente qui c'è del buon cibo (la cioccolata svizzera conosciuta in tutto il mondo e la fonduta che è un'invenzione gastronomica svizzera).
Ma qui c'è anche un altro importante prodotto d'esportazione svizzero: H.R. Giger. Il brillante surrealista, originario di Chur, è indubbiamente uno dei più grandi artisti degli ultimi cinquant'anni. Divenuta celebre grazie al film Alien, la fertile e inquietante immaginazione di Giger trova le sue radici sia nel paese di Carl Jung che negli Stati Uniti, nel lavoro del più cosmico degli autori americani, H.P. Lovecraft.
Con un background in design industriale, le radicali immagini e il lavoro profondamente personale di Giger sono unicamente legate ai suoi particolari modi di espressione: l'aerografo e la scultura. A lungo sinonimo di bellezza oscura, la sua arte visionaria ha raccolto un incalcolabile numero di riconoscimenti ad Hollywood, compreso l'Oscar per aver creato Alien, insieme ad altre numerose creature da incubo per il cinema. Se l'imitazione e la forma più sincera di adulazione, i numerosi e inferiori cloni di Giger sono il noioso testamento di un uomo dal singolare genio, anche tra i suoi pari.
Mia moglie, Sunni, e io abbiamo avuto l'occasione d'intervistare H.R. Giger (accompagnato da Carmen, la sua adorabile moglie) in vista di un documentario che abbiamo intitolato Image, Refl ection, Shadow: Artists of the Fantastic (uscito nel 2010 e prodotto dalla JaSunni Productions, LLC). Il film traccia le origini di un certo immaginario- cominciato con maestri del Rinascimento come Bosch e Brueghel il Vecchio- durante i secoli, con Goya, Böcklin, fino ai surrealisti e ai nostri tempi (con Ernst Fuchs e la Scuola di Realismo Fantastico di Vienna) e oltre. Vi sono anche inclusi altri luminari, come Robert Venosa, Joe Coleman, Robert Williams, Roger Dean e altri.
In vista di questa impresa, noi abbiamo intrapreso il percorso dagli Stati Uniti fino all'Europa, trascorrendo alcuni giorni in Svizzera per l'incontro programmato con questo maestro moderno, organizzato dal suo consigliere Les Barany.
I nostri viaggi ci avevano portato lontano: dalla Louisiana a Parigi, da New York a Praga. Adesso noi eravamo finalmente arrivati in Svizzera (dove nei primi giorni avevamo fatto una straordinaria intervista al terribile scultore/architetto Bruno Weber) e stavamo per fare una visita al H.R. Giger Museum a Gruyères.
Fu una rivelazione.
Vedere il lavoro di Giger- anche solo uno dei suoi enormi quadri- fa perder la testa: è come vedere che ogni parte della propria vita sia strabordante. Giger è un gentleman, divertente, ma anche serio. La sua arte, comunque, è perturbante; delicata e raffinata ma anche potente, erotica fino a diventare pornografica, ma anche intimidita da questo. È appassionata, spaventosa e disturbante.
Ogni pezzo del museo ha un'aria di famigliarità, le immagini sono state riprodotte molte volte durante gli anni in ogni tipo di libro e giornale. Le opere ad aerografo sono magistrali, tecnicamente sorprendenti, e raccapriccianti. I suoi lussuriosi lavori per il cinema sono incredibili e stranianti, mischiano l'organico e il meccanico in un'ibrida sintesi della vita: quello che Giger chiama i suoi “Biomechanoids”. Ma, secondo me, i suoi migliori lavori sono le sue sculture: sono perturbanti, meravigliosamente realizzate, dai concetti forti e perfettamente eseguite.
È facile perdersi nella mente di Giger, anche se quello che viene rivelato lì è veramente rivelato: esso scaturisce direttamente dall'osservatore. Dal momento che abbiamo bisogno di entrare in contatto con questo aspetto dell'Io (e non lo reprimiamo, né lo neghiamo), è difficile non vedere che Giger necessita che il suo pubblico osservi le sue creazioni- in modo che possano liberarlo: ciò chiude il cerchio tra creatore e spettatore, amore e odio, vita e morte. (Noi abbiamo notato questo ancora e ancora alla mostra di Giger tenutasi a Vienna alla KunstHaus Wien, mentre eravamo in Europa- la reazione dell'osservatore alle idee dell'immaginatore, che Lovecraft avrebbe chiamato “the dreamer”, furono da prima repulsione, quindi curiosità e alla fine attrazione.
A un lato del Giger Museum c'è il Giger Bar, un luogo espositivo con elementi dal design pratico e arredato nella tradizione di Giger. Gli abitanti locali, molti di questi degli anziani galantuomini, vengono qui a indulgere nei loro quotidiani rituali con caffè e meringhe. Potrebbe essere una scena qualunque di una qualunque piccola cittadina del mondo occidentale, tranne che per le sedie prese dal progetto di collaborazione di Giger (insieme a Dan O'Bannon) con lo sfortunato Dune di Jodorowsky; muri decorati per sembrare l'intricato scheletro di un enorme serpente; pavimenti il cui design s'ispira ai bassorilievi, bizzarri e massicci tavoli dalla foggia di teschi; separé con i contorni di teste di bambini; arredamenti che sembrano usciti fuori dai più oscuri sogni di Lovecraft.
Lo scenario del Giger Bar, assommato all'intera esperienza di terrificanti locali , dona un'atmosfera surreale all'intero posto: essi sono tutti un po' epici, claustrofobici, dolorosi, energici, crudeli, bellissimi, affascinanti e stupefacenti come una visita al Taj Mahal, al Museo dell'Ermitage, alla Grande Muraglia o sulla superficie della luna...
L'essenziale è non perdersi.

DARK DISCOVERIES

JASUNNI

sabato 5 dicembre 2009

LA FANCIULLA SENZA MANI E IL VIAGGIO DELL'EROE

di Midori Snyder(traduzione di Sabrina Abeni)



Nelle narrazioni eroiche c'è sempre un giovane uomo che lascia la propria casa natale e si avventura nel mondo sconosciuto dove lo attente il fantastico per sfidarlo. Durante il viaggio viene testato il suo valore come uomo ed eroe. Ma quando sono state affrontate tutte le prove, ritorna di nuovo a casa trionfante, portando nella sua società nuove scoperte e conoscenza, la maturità e spesso una sposa magica. La trasformazione da giovane uomo in un adulto responsabile viene confermata quando l'eroe sposa la sua magica sposa e assume il controllo del regno.
I viaggi delle giovani donne non sono meno eroici, sebbene siano differenti. Nei racconti popolari, il rito di passaggio dall'adolescenza alla maturità viene confermato dal matrimonio e dall'assunzione dei ruoli da adulti. Nelle tradizionali società esogamiche, alle giovani donne viene richiesto di lasciare per sempre la casa natale e di diventare spose in luoghi stranieri e a volte molto lontani. Nei racconti popolari, la fanciulla si avventura o viene catapultata nell'ambiguo mondo del fantastico, sapendo che non farà più ritorno a casa. Invece, alla fine del suo pericoloso e solitario viaggio, arriva a un nuovo villaggio o regno. Qui, travestita da una serva con il viso sporco, da ragazza addetta alle scuderie o alla cura delle oche, completa la sua iniziazione come adulta e, come la sua controparte maschile, porta alla sua nuova comunità i doni della conoscenza, della maturità e della fertilità.
Nel linguaggio dei racconti popolari le idee astratte sono rappresentate da immagini concrete ed emozionalmente evocative. I tradizionali narratori di storie utilizzano degli eventi terrificanti per ricreare l'esperienza emozionale del dolore e dell'abbandono, nella quale la giovane donna non è solo mandata a compiere un viaggio lontano da casa, ma le viene anche preclusa ogni possibilità di ritorno. Nel motivo del “La Fanciulla senza mani” la ragazza viene mutilata da un membro della famiglia di cui si fidava e poi mandata via nella foresta come un animale. Non può più esserci ritorno nella casa d'infanzia, poiché è stata corrotta da una simile crudeltà. La fanciulla deve dirigersi verso una nuova destinazione, dove potrà ricostruire non solo le sue mani mozzate, ma anche la sua identità come donna adulta.
Il mio primo approccio con “La Fanciulla senza mani” fu la lettura di una suggestiva versione Xhosa del racconto, cioè “Il padre che tagliò le braccia alla figlia”, raccontata da Nongenile Masithatu Zenani, una narratrice Xhosa del Sud Africa, la fiaba era stata tradotta da Harold Schueb. In questa versione un padre vedovo sceglie di non risposarsi e delega alla giovane figlia il compito di occuparsi della faccende domestiche di cui prima si occupava la moglie. Quando la figlia raggiunge la pubertà, il padre cerca di costringerla ad assumere anche il ruolo sessuale della moglie defunta. La ragazza rifiuta immediatamente le sue avance, scoppiando in un rumoroso pianto che rischia d'essere udito dai vicini. Il giorno dopo il padre la porta dentro il bosco. Ancora una volta le chiede di fare sesso con lui. Quando ella rifiuta nuovamente, le taglia le braccia con un coltello e la lascia a morire nel bosco. Sanguinante e dolorante, la ragazza soffre in solitudine finché la fame la costringe a riprendere il cammino. Stordita, comincia a vagare attraverso un “foresta senza fine, salendo e scendendo”.
Finalmente la fanciulla senza braccia raggiunge un muro di cinta. Dopo essere caduta sulle sue ginocchia, striscia attraverso un buco nel muro e rotolo dentro il giardino dove si nutre, come un animale, di grano e pesche caduti. Per tre giorni, incapace di rialzarsi senza le sue braccia, rotola nel giardino mangiando dal terreno, finché dei servi la scoprono, sporca e coperta di fango, e la scambiano per un maiale selvatico. Essi stanno per sguinzagliarle i cani contro, quando i suoi pianti li fermano. Alla fanciulla senza braccia viene richiesto di raccontare la storia del crimine di suo padre per tre volte prima che sia soccorsa e portata in casa. Una volta lavata, la famiglia si accorge che, anche senza braccia, la ragazza è bellissima, e viene subito data in sposa al loro figlio. All'inizio questa pare una soluzione, soprattutto quando ella mette al mondo un bambino, ma gradualmente sorgono dei problemi. Senza le braccia, la madre novella non può attendere ai lavori domestici di una donna e i suoceri cominciano a lamentarsi. Vorrebbero che il figlio prendesse una seconda moglie più adeguata, ma lei rifiuta. Quando il marito lascia la città in cerca di un lavoro, i suoi parenti gli scrivono una lettera, fingendo che sia sua moglie a farlo, dove si afferma che lei sia nuovamente incinta, ma da un altro uomo. La giovane donna, ignara della lettera contraffatta, riceva due risposte. La prima in cui il marito le chiede di sapere di più riguardo a quell'inattesa gravidanza. La seconda arriva subito dopo la prima. Questa è scritta da suo padre che, avendo saputo che sua figlia è sopravvissuta, si finge suo marito e minaccia di carbonizzarla se rimarrà a casa. La donna e perfino i suoi suoceri sono preoccupati dalla lettera minacciosa e con riluttanza i suoceri legano il bambino alle spalle della madre e le permettono di lasciare la casa.
La giovane donna ritorna dunque nel bosco e incomincia un secondo viaggio, salendo e scendendo nella foresta infinita finché, stanca e assetata, arriva a un lago. Quando si china goffamente per bere, preoccupata che suo figlio possa scivolarle dalle spalle e affogare, appare un uccello magico che, con uno spruzzo con ciascuna ala, le ridà le braccia. Intera e capace di fare da sé ogni cosa, la giovane madre felicemente si prende cura di suo figlio: dà da mangiare al bambino, si lava, si veste e quindi culla il figlio tra le sue braccia nuovamente riacquistate. E quando è soddisfatta ritorna, col bambino in braccia, non dal marito, ma dai suoi vicini. Quindi attende che i suoceri sappiano del suo ritorno e che vengano a farle visita. Stupefatti dalla sua trasformazione, essi implorano il suo perdono e desiderano solo scrivere per conto suo al loro figlio. Ma il giovane uomo è già sulla strada di casa, preoccupata per la moglie e il figlio, convinto che qualcosa di terribile sia accaduto. Presto l'imbroglio delle lettere contraffatte viene svelato e il marito dichiara il proprio amore per la moglie.
Il motivo del “La Fanciulla senza Mani” mi ha accompagnato per molti anni e ho cominciato a cercare le altri versioni,e sono stata sorpresa dalla diffusione di questa complicata e violenta storia. Ne esistono versioni in tutto il mondo come “La ragazza senza mani” in Germania, “La ragazza con le mani mozzate” in Francia, “Oliva” in Italia, “Donna Bernarda” in Spagna, “La dama senza braccia” in Russia, “La ragazza senza braccia” in Giappone, “Acqua che sale, uccello che parla e albero che piange” nella Louisiana francese e molte altre. Mentre alcune sono meno sessualmente minacciose, molte sono anche più cruente della versione Xhosa: padri e fratelli mozzano gli arti di giovani fanciulle, o per la rabbia o come riscatto da consegnare al Diavolo. La ragazze possono sopravvivere nei boschi, qualche volta confortate dagli animali, o diventano loro stesse mezzi animali rotolando sul grano caduto o allungando il collo per cibarsi delle pere dall'albero del principe. Lì trovano la salvezza quando il principe scopre la ragazza sotto il fango e i capelli aggrovigliati e prova pietà per quel bellissimo viso. E dopo ci sarà sempre qualche complicato intrigo nel mezzo della storia, lo scambio delle lettere contraffatte che costringendo la donna senza braccia a ritornare nella natura dove avverrà l'atto finale del suo percorso d'iniziazione.
È una narrazione con uno strano singhiozzo nel mezzo. La brutalità della scena d'apertura sembra essere risolta quando la dama senza braccia è salvata nel giardino e quindi si sposa con un uomo o principe compassionevole. Ma non ha ancora completato il suo percorso di trasformazione dall'adolescenza all'età adulta. Non è intera, non è né la ragazza né la donna che è destinata a diventare. La narrazione rende chiaro il fatto che senza le proprie mani ella è incapace di assumere il suo ruolo di adulta, non può fare nulla per se stessa, nemmeno prendersi cura del proprio figlio. Attraverso lo scambio di lettere contraffatte, il conflitto è introdotto nel racconto per far intraprendere nuovamente alla ragazza il sui percorso d'iniziazione nel bosco. Qui il fantastico la risana, la purifica nelle acque del lago e lei rinasce come donna. Tutte le versioni si concludono con quello che effettivamente è un secondo matrimonio. La donna, di nuovo integra, con le braccia ridate da un atto di magia, è diventata lei stessa una sposa magica, allineata con con il potere creativo della natura. Non ritorna immediatamente dal marito, ma lo attende con il figlio nella foresta o in una casa di vicini finché lui non la trova. Quando egli giunge a proporle una secondo matrimonio, si tratta di nozze tra pari, basato sul rispetto e non sulla pietà.
Sebbene io ritenga che il motivo del “La Fanciulla senza Mani” riguardi i riti femminili di passaggio verso l'età adulta, si avvertono all'interno della storia gli echi dell'abuso. L'eroe maschile può essere impoverito o temporaneamente derubato dei suoi diritti dinastici, ma raramente vengono mutilati per vendetta prima d'intraprendere i loro viaggi. I narratori conoscono bene la costante e latente paura e minaccia della violenza che circonda la vita delle donne nelle loro comunità, dall'infanzia fino all'età matura. Lo sfruttamento di queste terribili immagini nella narrativa può essere estremo, ma rappresenta la trama oscura ottenuta dall'unione delle esperienze femminili. Noi siamo disgustati e indignati dalle azioni brutali non perché questi eventi non potrebbero mai accadere, ma perché essi accadono frequentemente. Il fantastico emerge prontamente nella storia per attutire magicamente il dolore della mutilazione, e porta il pubblico lontano dall'orrore dell'evento e dentro il percorso di realizzazione del Sé. Sebbene il terrore generato dall'attacco sia breve, la ragazza rimarrà mutilata a lungo, e ciò ci riporta al continuo doloroso isolamento che tale disgrazia infligge. Coloro che sopravvivono a un abuso conoscono bene questo isolamento, sia si tratti di un bambino spogliato dalla sua innocenza , sia di un adulto incapace di superare il timore del tradimento e di fidarsi dell'amore di qualcun altro.
È necessario compiere atti di auto-determinazione e potere per ricreare un senso d'integrità dopo l'abuso. In una versione bretone del “La Fanciulla senza Mani”, l'eroina è mutilata dal fratello in un cespugli di rovi e parla chiaro contro il crimine con la calma fiducia in sé di un profeta. Senza braccia e sanguinante, gli dice la spina che egli ha calpestato potrà essere rimossa solo dalla sua mano. In questo momento d'intenso dolore e tradimento lei è capace di avere una visione della sua vita ritornata integra. È per di più ha una visione del suo perdono di questo terribile crimine. La narrazione non riguarda la sua sopravvivenza come vittima, ma piuttosto il suo percorso come una viaggiatrice pienamente consapevole della propria destinazione.
Il bisogno di reintegrazione e riconciliazione non si trova solo in questa versione bretone del “La Fanciulla senza Mani”, che impiega il motivo del rovo. Coloro che abusano sono a loro volta isolati dalla vergogna e dalla brutalità dei loro atti violenti. Il fratello nella versione del rovo sopravvive a malapena durante l'assenza della sorella, il suo corpo è imprigionato e trafitto da un groviglio di rovi che crescono dalla prima spina che gli ha ferito il tallone. Quando la dama senza braccia ritorna per adempiere alla sua profezia, la sua trasformazione da ragazza a donna che possiede il potere creativo è confermata quando libera il fratello dalla prigione di rovi con il solo tocco delle sue mani ripristinate. Nel fare ciò, ella rimuove per sempre il segno corrotto della violenza, permettendo a entrambi di continuare lo loro nuove vite, svincolate dal passato.
La Fanciulla senza Mani continua a vivere nell'immaginario dei narratori moderni, ma come qualcosa di molto diverso di una ragazza colta nel mezzo di un complesso rito di passaggio verso la maturità e il matrimonio. Diventa un'icona dei pericoli di un cambiamento, della minaccia della violenza che circonda le vite delle donne, e della nostra eventuale resistenza a subire il processo di trasformazione. Sia che lo scegliamo per noi stessi o che lo subiamo a causa delle circostanze, il cambiamento richiede sia un atto di distruzione, un taglio col passato, che un atto di raggiungimento, qualcosa di più della fede, di un futuro immaginato. Ma questo percorso, composto di momenti pericolosi e distruttivi, parla in modo eloquente della reale possibilità del fallimento e della minaccia di rimanere permanentemente feriti. Lo scambio delle lettere contraffatte denigra la vita della giovane madre e il suo successo creativo rappresentato dalla nascita di suo figlio. Se lei credesse a queste lettere, dovrebbe accettare il fatto d'essere immeritevole e diventare complice nella propria deumanizzazione. Se capitola davanti alla voce esterna dell'autorità, rinuncia al rischio di trasformazione, rimane monca, alienata dalla sua parte veramente creativa.
Nel suo poema Girl Without Hands, Margaret Atwood richiede al lettore di esaminare il suo vaggio dimenticato attraversi l'uso della seconda persona. Il “tu” è rivolto a una moderna donna professionista che cammina verso il lavoro, nonostante "the sunlight pouring over/ the seen world," non si accorge di essere parte del mondo. Rimane chiusa in un circolo ("you have made, that clean circle/ of dead space you have made") ritenendosi sicura in questa prigione stagnante. Solo la ragazza senza mani può capire cose significa essere isolate, così lontane dal tocco di una piena e autentica partecipazione nella vita. Ma come il “tu” del poema, la ragazza senza mani della Atwood è mutilata, una ragazza che ha "Everything bled out of her" e che ti può raggiungere solo con le sue "absent hands" per offrirti conforto. Il poema tradisce la promessa di reintegrazione dei narratori, scegliendo invece di simpatizzare con coloro che sono rimasti psicologicamente mutilati.
Ma senza il dono finale di reintegrazione, rimane solo la brutale e orribile violenza della storia. La scioccante metafora della mutilazione tipica di questo racconto emerge con selvaggio realtà nella guerra civile in Sierra Leone nel 1990. Si tratta di una logorante e lunga guerra che ha ucciso più di 50,000 persone, allontanato più di 500,000 rifugiati, e ha causato inenarrabili atrocità tra la sua gente, producendo una nazione di donne senza braccia. L'esercito ribelle del RUF, di cui soldati reclutati sono bambini che a loro volta sono stati vittime traumatizzate, propugna una campagna di mutilazione dei civili, anche tagliando le mani e gli arti ai bambini ai loro primi passi. Oggi, sebbene la guerra sia finita e sia stata stabilita una commissione per la Verità e la Riconciliazione per individuare questi crimini di guerra la situazione delle donne in Sierra Leone rimane disperata come non mai. La povertà, l'analfabetismo e la vergogna associata alle violenze sessuali e alle mutilazioni rende difficile immaginare una società reintegrata nella sua completezza. Eppure ci sono spiragli di speranza. La recente elezione di Ellen Johnson–Sirleaf come presidente della Liberia, uno stato che aveva partecipato alla guerra civile in Sierra Leone, che la rende la primo presidente donna d'Africa, ipotizza la possibilità di un cambiamento di vita per le donne dell'Africa occidentale. Ma come nella fiaba, questo secondo viaggio, dopo un interludio di parziale risanamento, rimane una strada pericolosa, affollata da donne ferite e bambini traumatizzati, la loro ricerca di giustizia rappresenta solo il primo passo per la creazione di una pace genuina. Per molte donne della Sierra Leone solo l'intreccia tra educazione e sviluppo politico potrebbe portare il risanamento e una seconda possibilità.
La Fanciulla senza Mani, nonostante la sua vulnerabilità, la sua storia violenta e il suo arduo e solitario viaggio, ha anche ispirato uno spirito meravigliosamente ribelle e ringiovanito nelle nuove interpretazioni della fiaba nella poesia moderna. Nel sensuale poema di Rigoberto González, The Girl With No Hands,è una di quelle rare creature, una donna incantatrice. La ragazza paragona le sue mani tagliate alle portafortuna zampe di coniglio essiccate, ma progetta la propria vendetta. Questa è una furba ragazza senza mani: "Resolute, you age with ingenuity, learning to eat/ right off the branch, nibbling apple, apricot, and pear without separating fruit from stem." Trova il piacere e il sesso nel giardino con il figlio del cacciatore: "the piano that's played with elbows and knees and four clumsy/ heels that for all their random reaching make the sweetest rhythms." La ragazza senza mani non teme suo fratello, ma piuttosto trova la propria forza nel proprio cuore astuto con “delectable defiance." Non solo lei può crearsi da sé un secondo paio di mani, ma soprattutto lei ha "legs, torso, head, and a bear trap of a jaw to bite the hands that feed her."
In Conversation With My Father, Elline Lipkin parla di un'astuta e saggia ragazza che non vuole permettere al padre di tagliarle le mani. Va in un negozio di ferramenta, un mondo considerato maschile, per acquistare un trapano. Qui, in mezzo a minacciosi utensili con “metal shapes that brag of power” riflette sul suo rapporto col padre, su come sarebbe stato più facile se fosse nata, come la dea Atena, scaturendo dalla mente del padre come "sweep of clean logic." Ma lei non è Atena e suo padre l'ha formata come qualcosa di più fragile: una Pollicina, o una ragazza dalle precarie braccia di porcellana. Nella forte violenze della fiaba, è il padre che taglia le mani alla figlia perché lo desidera, ne ha bisogno. Ma in questo poema la donna che avrebbe dovuto perdere le braccia rifiuta di accondiscendere. Non vuole permettere che l'essenza della natura propria della sua identità adulta inizi tramite un atto di potere ai suoi danni. Afferma che "each pointed finger is my true weapon,"rifiutandosi di permettere al padre di immortalare un momento decisivo della sua vita attraverso la mutilazione delle sue mani. Nelle versioni tradizionali del racconto l'atto violento è essenziale per separare la ragazza dalla sua casa e dalla famiglia, costringendola a intraprendere il suo percorso di maturazione. Ma la moderna ragazza senza mani ha cominciato a chiedersi se noi dovremmo permettere che le nostre vite siano determinate da tali esterni atti di potere, atti che enfatizzano la nostra vulnerabilità piuttosto che le nostre forze personali.
Ho cominciato a pensare che narrazioni brutali come quelle su La Fanciulla senza Mani parlino alle donne non solo quando sono giovani e poste fuori da questo primo rito di passaggio, ma anche attraverso tutta la loro vita. In Donne che Corrono con i Lupi, la psicologa Clarissa Pinkola Estés presenta un'affascinante analisi di questa fiaba, dimostrando il ruolo guida assunto dal motivo delLa Fanciulla senza Mani nella vita psicologica di una donna:
"La Fanciulla senza Mani" parla dell'iniziazione delle donne nel bosco sotterraneo mediante il rito della resistenza. La parola "resistenza" pare voler dire “continuare senza sosta”, e se rientra nei compiti previsti nel racconto, significa anche “rendere forte, robusto, vigoroso e risoluto”, ed è questo il punto fondamentale della storia, e del carattere generativo della lunga vita psichica femminile. Non andiamo avanti tanto per andare avanti: stiamo facendo qualcosa.

Quello di seguire l'esempio della fanciulla senza mani è un invito a tagliare via le vecchie identità e distruggere le abitudini attraversando ancora e ancora la foresta. Qui potremmo incontrare ogni volta nuove identità che ci attendono. Nella fiaba la fanciulla senza mani si siede sulla riva di un lago che le ridà la sua interezza, dove impara ad accarezzare e prendersi cura di suo figlio, quelle manifestazioni fisiche del suo potere creativo. Ogni volta che seguiamo la fanciulla senza mani lei ci mette di fronte al nostro Io creativo. In un'intervista con Vicci Bentley per il Poetry Magazines.org.uk, il poeta Vicki Feaver discute l'influenza che la fiaba del "La Fanciulla senza Mani" ha sulla sua scrittura:

Ho letto un'interpretazione psicanalitica fatta da Marie Louise von France nel libro, Il femminino nelle fiabe, in cui s'ipotizza che la storia rifletta il modo in cui le donne tagliano via le proprie mani per vivere le loro vite attraverso i potenti e creativi uomini. Hanno bisogno di andare nella foresta, nella natura, per vivere da sé, per recuperare il proprio potere. Il bambino nella storia rappresenta la creatività della donna che solo la donna può salvare.

Usando la voce della madre risanata nel suo poema “La dama senza mani”, Feaver celebra la rinascita della creatività della donna. Ritornata alla propria interezza, la giovane donna siede sulla riva, riscopre il piacere di prendersi cura del bellissimo bambino. Ma appena il bambino si addormenta "her heat passing/ into my breast and shoulder/ the breath I couldn't believe in," la nuova madre comincia a piangere, ricordando il doloroso viaggio che ha intrapreso per raggiungere questo fiume. Ma il poema termina trionfalmente, anche se ricorda tra le lacrime che "my hands that sprouted/ in the red–orange mud" queste sono le stesse mani che "write this, grasping/ [the child's] curled fist." La dama senza mani è diventata la poetessa che, articolando il proprio processo creativo, raccoglie i frutti di questo lavoro attraverso il figlio. Feaver scrive, “Alla fine ho scelto la voce della Dama senza Mani stessa- come se stessi scrivendo il poema con quelle mani ricresciute in quel momento, che anno salvato la sua opera, suo figlio... Mi sembrava di avere attraversato lo stesso processo infinito di tagliare via le mie mani e vederle poi ricrescere”.
Alla fine questo potrebbe essere la più illuminante lezione della fanciulla senza mani. Ella c'insegna non di aver paura; perché anche se siamo ferite, a volte abbandonate, c'è una forza nel nostro potere di riportare noi stessi all'interezza- non una sola volta ma più volte durante la nostra vita. C'illumina sui passi necessari da fare quando ci troviamo di fronte a soluzioni parziali, permettendoci di fare esperienza, attraverso le immagini della fiaba, degli effetti stagnanti della nostra capitolazione. Ha viaggiato con noi durante quei periodi in cui ci siamo avventurate nel bosco, con il bambino sulle sue spalle come segno delle nostre nuove e vulnerabili identità. Ed ella è qui a testimoniare il momento del nostro risanamento, quando finalmente allunghiamo le nuove mani verso le nostre voci, le nostre vite e il nostro futuro.


L'autore: Midori Snyder è l'autrice e co-direttrice con Terri Windling dell'Endicott Studio, e del Journal of Mythic Arts. Scrittrice, poetessa,saggista, i suoi libri sono stati pubblicati in inglese, francese e olandese. Per più informazioni, visitate il suo sito In the Labyrinth.

Copyright testo © 2006 di Midori Snyder. Copyright traduzione © 2009 di Sabrina Antonella Abeni

venerdì 4 dicembre 2009

CHRIS DYER: LO SKATEBOARDER VISIONARIO


Chris Dyer è cresciuto a Lima, dove ha vissuto fino ai 17 anni, occupato in attività come il surf, lo skateboard e l'estremo fanatismo per il calcio (insieme alla sue ex gang, SepUlcro). Quindi ha lasciato il Perù per il Canada ed è andato a studiare all'Art College, dove ha tranquillizzato il suo animo inquieto con esperienze come il giardinaggio. Ora vive a Montreal, dove afferma di continuare il suo percorso verso la realizzazione di sé.
La sua arte è strettamente legata alla sua passione per gli skateboard, lavorando anche per ditte che li producono, disegnandone la grafica.
Per quanto riguarda la sua carriera artistica, ha esposto, sia in mostre collettiva che personali, in paesi come il Perù, il Messico, il Belgio, a San Francisco, Seattle, nella Britisch Columbia, a Toronto, a Quebec City e a Montreal.
Chris è anche un grande viaggiatore e ha visitato 24 diversi stati nel mondo; asserisce infatti che tutti questi viaggi lo abbiano arricchito culturalmente. Si ritiene ormai un unico corpo con l'Assoluto, grazie alla meditazione, ai viaggi e alle sperimentazioni naturali.

Quando negli anni Ottanta ho lasciato Lima, lo skateboard faceva parte della mia infanzia. Molte persone vedono lo skateboarding come un'attività ribelle, dove gli adolescenti vanno in giro per la città a distruggere tutto quello che trovano ma, in realtà, gli skateboarders sono artisti visionari che vedono le vie della loro città come se fossero un parco potenziale per il loro movimenti espressivi. Oggetti morti come le scale, i corrimano, i bordi dei marciapiedi e i davanzali, diventano ostacoli divertenti con cui giocare ed eventualmente da conquistare. In questo modo gli skateboarders, a dispetto della loro terribile reputazione e i loro problemi con gli uomini di legge, non sono distruttore ma creatori che aggiungono vita e magia alle nostra giungla morta.
La cosa principale che è cambiata dagli anni Ottanta sono gli stessi skateboard. Quando ero un bambino erano così grandi e spessi che non potevo fare dei gran trucchi, ma nello stesso tempo, con essi non si poteva mai frenare, per cui ritenevo valesse la pena l'uccisione di un albero per avere questo giocattolo. Al giorno d'oggi, gli skateboard sono più piccoli e fini, rendono più facile fare tanti trucchetti, ma anche frenare. Uno skateboarder medio può rompere il suo strumento in una settimana o un mese, dipende. Così ora vengono uccisi più alberi per soddisfare i bisogni di questa divertente attività, che sta acquistando sempre più popolarità.
Dal 2000 ho collezionato un tale numero di skateboard spezzati che non ero più capace di buttarli nella spazzatura. Sono stati compagni di tante mie avventure, per cui mi sono concentrato per trovare un modo per renderli “utili”. Quello fu l'anno in cui cominciai a usare il loro legno come tavola per la mia pittura, cosa che faccio ancora oggi. In questo modo riciclo il legno e do ai miei skateboard vita eterna. Questa “skate art” probabilmente mi sopravviverà, continuando a far nascere il sorriso sul volto della gente e onorando la vita di quegli alberi che sono morti per essa.
Quando si passa all'arte applicata allo skateboard stesso, le cose non sono molto cambiate. Negli anni Ottanta non potevi non trovarne uno senza qualcosa di negativo disegnato sopra. Teschi, serpenti, mostri, diavoli, ecc, dando il messaggio che tutto ciò che è malvagio è “cool”. L'industria dello skateboard, ancora oggi, manda il messaggio che gli skateboarders sono persona “cattive” che distruggono il mondo come criminali. Da parte mia ho invece imparato che lo skateboarding è una bellissima meditazione sulla libertà e sull'espressione. Così quando ho cominciato ha realizzare la grafica per una serie industrie di San Francisco e di altri paesi, volevo mostrare il lato positivo del nostro sport.
Non sono comunque l'unico artista di skateboard solito ad optare per immagini di tipo positivo. È difficile andare contro corrente, ma in realtà la mia arte spicca in questo mondo. Negli anni in cui ho lavorato per questa industria, ho creato più di 50 skateboard con immagini visionarie sull'illuminazione spirituale, sull'unità delle religioni e delle culture, sul rispetto per la natura, ecc...La mia intenzione è influenzare il giovane skateboarder, dirgli che può essere “cool” ciò che è buono spiritualmente impegnato senza la necessità di una particolare religione. Questa risposta è stata lenta ma cresce col tempo e mi rende felice sentire un giovane affermare che la mia grafica ha cambiato la sua percezione della vita. Secondo me, non c'è maggior servizio che elevare i sentimenti nel nostro mondo. Pace!






(Articolo di Chris Dyer, tradotto da Sabrina Abeni)

domenica 29 novembre 2009

CARLES GOMILA: BELLEZZA E ARMONIA NELL’ARTE CONTEMPORANEA


Nato nell’isola di Minorca nel 1978, fu attirato dalla pittura di 21 anni.La sua pittura ricerca l’eleganza, la misura, la suggestione e l’energia. Si descrive come portato a studiare i classici, per questo avrebbe avuto sempre rapporti conflittuali con i suoi insegnanti, più portati a incoraggiare esiti avanguardistici, si sente perciò libero di rappresentare la figura umana, utilizzandola come strumento onirico, che porta a vagare con l’immaginazione. Cerca perciò di ricreare l’aura dei classici, attraverso una dimensione atemporale. I suoi punti di riferimento sono: l’arte greco-romana, la linea di Ingres, il colore di Redon e l’essenza di Velazquez.



SITO DELL’ARTISTA

Quando hai scoperto che l’arte avrebbe fatto parte della tua vita?



Quest’idea crebbe a poco a poco. Da quando ero piccolo, mi affascinava lo studio di mio zio, il pittore e incisore Blas García e sono cresciuto con questa vocazione latente. Ciò nonostante prima sognavo d’essere un postino, mi piaceva l’idea di lavorare passeggiando con carretto, dispensando notizie. Dopo mi trovai in una fase ambiziosa e desiderai d’essere un veterinario (ero sempre stato innamorato dei gatti), però questo segno terminò studiando le scienze: non ero capace di sommare due cifre senza utilizzare le dita e disegnavo durante le lezioni. Finalmente entrai all’Accademia delle Belle Arti di Barcellona con l’intenzione di formarmi come illustratore, illusione a cui ho disatteso e, quasi senza rendermene conto, cominciai a entrare nelle gallerie d’arte.





Sottolinei spesso l’importanza di studiare i classici. È possibile analizzare le loro opere, creando però qualcosa di originale?



Nessuno è capace di creare partendo da zero, la creazione è una revisione del precedente, un novo indirizzo sotto una prospettiva più attuale. Il mio amore per i classici mi ha portato al loro studio e a farmi contaminare dalla loro aura. Mi piace. Una parte di me s’identifica con questo universo antico, ma più come evocazione poetica che come desiderio. Studiare i grandi classici attraverso la contemplazione mi è risultata un’esperienza tanto soddisfacente quanto produttiva, ma non sto sostenendo che si debba raccomandare questa pratica come sistema.





Quale parte ha la funzione dell’influenza ha l‘arte orientale nelle tue opere?



La sua funzione è innocentemente accessoria: il fascino per l’esotico.

L’esotico, secondo me, è ciò che ha un’aura magica, di mistero. È sinonimo d’ignoranza ritenere che

Ciò che è lontano è sempre migliore di ciò che è vicino, e l’immaginazione lo converte in qualcosa di eccezionale, in tutto ciò che ci piacerebbe fosse.





Pensi che l’uso della figura dia ancora la possibilità di esprimere qualcosa di nuovo?



Forse, però è una questione che non mi coinvolge, perché il fine del mio lavoro non è l’innovazione, ma la ricreazione e il diletto. Penso sia una volgarità cadere nell’antiquato compromesso dell’innovazione, mi sembra inoltre una riflessione un po’ distratta quella che si fonda sulla negazione e non sulla creazione. Lo sperimentale si caratterizza per essere uno stato di transizione tra la maturità e il fallimento. La ricerca attraverso l’alternativa è uno slancio lodevole, ma non m’interessa. Il mio lavoro è molto più umile.





Le tue opere suggeriscono una sensazione d’armonia. Perché una scelta così inusuale in un periodo in cui si cerca di realizzare immagini perturbanti, come un pugno nello stomaco dell’osservatore?



La forza e il carattere si confondono troppo frequentemente con l’essere sgradevole. L’asprezza è sempre facile e ricorrente, non ho mai compreso gli artisti che si rifugiano nell’angustia, tantomeno il loro pubblico. Pratico l’economia della sofferenza, tanto nella mia vita quanto nel lavoro. Prima di tutto desidero trasmettere quello che mi risulta piacevole e riviverlo in ogni opera, come una leggerezza della vita mediterranea.





Qual è la funzione del colore nelle tue opere?



Pongo le risorse plastiche sotto l’imperativo della figura umana. La figura comanda, io faccio quello che mi chiede. Normalmente utilizzo grandi aree di colore per generare impatto, e delicate sfumature per riprodurre le qualità della pelle umana.



Fai degli schizzi preparatori o dipingi direttamente sulla tela?



Quasi mai lavoro con degli bozzetti, perché mi annoiano. Eseguo direttamente sopra la tela un disegno col carboncino, prima della pittura, che mi permette di adattare il disegno, in modo da conseguire l’intenzione dell’opera in tutta la sua freschezza originale. Non è nemmeno frequente che interpreti modelli, fotografie o riferimenti della natura, lavoro sempre con l’immaginazione.





Cos’è la bellezza per te?



Un’opera è bella quando desidererei appenderla sopra le pareti della mia casa. Quello che mi risulta piacevole , che mi suggerisce sentimenti prima che riflessioni. La mia ricerca della bellezza è sempre intuitiva e irrazionale, non mi azzarderei a razionalizzarla eccessivamente. Da Platone ai nostri giorni il discorso estetico si è sviluppato senza conseguire quasi nessun consenso, da qui si deduce che è apiretico. Forse questa dissertazione si è dimenticata dell’arbitrarietà del gusto personale sopra tutta la teoria.





È stato difficile entrare nel mercato dell’arte?



In questa piccola isola delle Baleari, Minorca, mi è risultato facile. Qui la contrattazione con le gallerie è molto piacevole e sono sempre stato appoggiato. Fuori dall’isola, non è stato così facile. Sto imparando, a poco a poco, come funziona. Nella facoltà delle Belle Arti non esisteva nessuna disciplina che insegnasse in cosa consiste il mercato dell’arte. È ovvio, poiché se i professori avessero avuto una minima idea di come funziona il mercato, avrebbe lasciato l’insegnamento per vivere di pittura.





(Sabrina Abeni)

PETER GRIC: I MONDI DELL’IMAGINAZIONE




Peter Gric è nato nel 1968 a Brno (Cecoslovacchia) ed è emigrato in Austria nel 1980.

Dal 1988 al 1993 ha studiato col professore Arik Brauer all’Academia delle Belle Arti di

Vienna.

Ha sposato Lenka Ferjancová nel 2002 e attualmente vive e lavora a Vienna con la sua

famiglia.



Peter Gric è conosciuto per i suoi misteriosi, abbandonati e futuristici paesaggi architettonici. Ha studiato col professore Arik Brauer all’Academia delle Belle Arti di Vienna, uno dei più originali membri della Scuola Viennese del Realismo Fantastico. Peter, a sua volta, rapresenta la successive generazione di artisti influenzati da questo movimento.

Peter ha esposto insieme altri famosi artisti come H R Giger ed è un membro del Labyrinthe group.

Ha illustrato numerose copertine di libri, soprattutto di genere fantascientifico o fantasy. Appartenendo alla più giovane generazione di artisti non ha disdegnato la tecnologia digitale e ha anche lavorato con modelli 3D. Questi sono stati da lui utilizzati per visualizzare alcuni dei più complessi lavori, prima di realizzarli in pittura.

Il 2007 lo vede impegnato in uno stage di design per la produzione di SamPlay "Hamlet in Rock". (from “Wikipedia”)

1) Qual’è il tuo rapporto con le nuove tecnologie?


Quando ho comprato il mio primo pc, nella metà degli anni Ottanta, un Atari 800 XL, immediatamente cominciai a giocare con la grafica digitale. Le possibilità erano molto limitate e ho dovuto imparare dei programme per creare le più semplici figure sullo schermo. Sognavo d’essere capace di creare mondi tridimensionali con milioni di pixel e colori. Ci sono volute comunque un paio d’anni e un nuovo computer, un Commodore Amiga, prima d’essere capace di usare questa tecnologia per modellare le prospettive per le mie composizioni architettoniche come “Torre VIII” dal 1992 (http://www.gric.at/gallery/bild052.htm). Adesso il computer è diventato uno strumento essenziale per la mia pittura.


2) Essendo figlia di una pittrice la vedo spesso usare il pc per la sua creatività, ma in Italia non tutti gli artisti comprendono questo strumento, pensando che penalizzi il vero talento. Questa opinione è presente anche nel tuo contesto artistico?



No davvero. La maggior parte degli artisti che conosco apprezzano questo strumento, almeno la generazione più giovane. ma molti di loro non usano in maniera molto ampia in combinazione con la tradizionale pittura.





3) Ovviamente il contesto culturale italiano è obsolete anche in questo campo:-) Ho trovato in alcuni tuoi elementi paesaggistici, come le roccie erose, alcune reminiscenze dei paesaggi desolate dei pittori romantici, come Friedrich o Constable. Ci sono alcune connessioni?



Sento una sorta di beatitudine nei passaggi rocciosi sopra una vegetazione arborea. Amo gli altipiani, forse perchè questo tipo di paesaggio ha un proprio orizzonte che è molto al di sopra del mondo “civilizzato”. Questa calma e libertà che io percepisco nella natura, specialmente nelle montagne, è così opposta a quello che sento nella città. Questa tensione è forse l’oggetto di alcuni dei miei dipinti. Comunque non sono mai stato veramente interessato alla pittura di Friedrich o Constable.





4) Invece i tuoi edifici abbandonati possono essere interpretati come simboli della decadenza della società?



Non penso che la società sia decadente. Sta solo cambiando continuamente, e dopo tutto spero che cambi in meglio, anche se in modo molto lento. Non so veramente spiegare perchè senta il bisogno di dipingere questi edifici inutili (e di tutte le altre cose). Non vi è alcuna dichirazione dietro questo, non ci sono simboli con significati nascosti. L’interpretazione è libera: “vieni e godi dell’ignoto”. Forse la pittura è per me solo un tentative per ricordare luoghi in cui non sono mai stato.




5) Così “l’interpretazione è libera”... É per questo motivo che più guardo i tuoi quadri e più trovo nuovi particolari nascosti? Cerchi la partecipazione attiva dell’osservatore per costruire significati artistici?



Non mi preoccupo dei significati artistici, dei simboli e dei messaggi nascosti. Penso che se qualcuno ha qualcosa da dire, dovrebbe parlare un linguaggio chiato invece di confondere chi lo ascolta con simboli ed elementi nascosti. Così non racconto nessuna storia con i miei quadri e non fornisco nessuna risposta intellettuale a nessuna questione intellettuale. Voglio entrare e sperimentare nuovi spazi, stanze, forme, parole e dimensioni. Non voglio creare parole e pensieri, ma il silenzio. Puoi seguirmi, ma non aspettarti nessuna spiegazione.







6) Ho potuto notare, nei tuoi lavori più recenti, una sorta di passaggio dalla predilezione per costruzioni e paesaggi a un uso meggiore e all’enfasi della figura umana. Perchè questo cambiamento?



Ogni tanto amo sperimentare il corpo umano, in particolare quello femminile. Sto provando a intesserlo con l’artificiale, l’inorganico o le strutture minerali, e sebbene le figure sono spesso molto frammentate e modificate, ho il bisogno di percepire la bellezza e l’erotismo del corpo umano. Questa combinazione, tuttavia, si rivela spesso molto problematica. Forse è solo un tributo al mio testosterone, non so.

7) Un tribute al tuo testosterone? Forse è lo stesso per tutti gl artisti :-)

Parlando invece dell’arte e della cultura in generale, pensi che i temi attuali e l’estetica possano convivere nella stessa arte?



Perchè no?



8) Un’ultima domanda, dopo ti lascerò finalmente libero:-)

Cos’e, secondo te, l’arte visionaria?



"Arte Visionaria" è un’altra categoria, un altro cassetto , molto utile per mantenere l’ordine. A qualsiasi cassetto tu scelga per le mie immagini, esse sono riflessi di domande attorno all’esistenza in sè. É un panopticon per la mia curiosità insoddisfatta. ma è anche gioia di creare, la gioia di estendere la mia realtà.

1) Qual’è il tuo rapporto con le nuove tecnologie?


Quando ho comprato il mio primo pc, nella metà degli anni Ottanta, un Atari 800 XL, immediatamente cominciai a giocare con la grafica digitale. Le possibilità erano molto limitate e ho dovuto imparare dei programme per creare le più semplici figure sullo schermo. Sognavo d’essere capace di creare mondi tridimensionali con milioni di pixel e colori. Ci sono volute comunque un paio d’anni e un nuovo computer, un Commodore Amiga, prima d’essere capace di usare questa tecnologia per modellare le prospettive per le mie composizioni architettoniche come “Torre VIII” dal 1992 (http://www.gric.at/gallery/bild052.htm). Adesso il computer è diventato uno strumento essenziale per la mia pittura.


2) Essendo figlia di una pittrice la vedo spesso usare il pc per la sua creatività, ma in Italia non tutti gli artisti comprendono questo strumento, pensando che penalizzi il vero talento. Questa opinione è presente anche nel tuo contesto artistico?



No davvero. La maggior parte degli artisti che conosco apprezzano questo strumento, almeno la generazione più giovane. ma molti di loro non usano in maniera molto ampia in combinazione con la tradizionale pittura.





3) Ovviamente il contesto culturale italiano è obsolete anche in questo campo:-) Ho trovato in alcuni tuoi elementi paesaggistici, come le roccie erose, alcune reminiscenze dei paesaggi desolate dei pittori romantici, come Friedrich o Constable. Ci sono alcune connessioni?



Sento una sorta di beatitudine nei passaggi rocciosi sopra una vegetazione arborea. Amo gli altipiani, forse perchè questo tipo di paesaggio ha un proprio orizzonte che è molto al di sopra del mondo “civilizzato”. Questa calma e libertà che io percepisco nella natura, specialmente nelle montagne, è così opposta a quello che sento nella città. Questa tensione è forse l’oggetto di alcuni dei miei dipinti. Comunque non sono mai stato veramente interessato alla pittura di Friedrich o Constable.





4) Invece i tuoi edifici abbandonati possono essere interpretati come simboli della decadenza della società?



Non penso che la società sia decadente. Sta solo cambiando continuamente, e dopo tutto spero che cambi in meglio, anche se in modo molto lento. Non so veramente spiegare perchè senta il bisogno di dipingere questi edifici inutili (e di tutte le altre cose). Non vi è alcuna dichirazione dietro questo, non ci sono simboli con significati nascosti. L’interpretazione è libera: “vieni e godi dell’ignoto”. Forse la pittura è per me solo un tentative per ricordare luoghi in cui non sono mai stato.




5) Così “l’interpretazione è libera”... É per questo motivo che più guardo i tuoi quadri e più trovo nuovi particolari nascosti? Cerchi la partecipazione attiva dell’osservatore per costruire significati artistici?



Non mi preoccupo dei significati artistici, dei simboli e dei messaggi nascosti. Penso che se qualcuno ha qualcosa da dire, dovrebbe parlare un linguaggio chiato invece di confondere chi lo ascolta con simboli ed elementi nascosti. Così non racconto nessuna storia con i miei quadri e non fornisco nessuna risposta intellettuale a nessuna questione intellettuale. Voglio entrare e sperimentare nuovi spazi, stanze, forme, parole e dimensioni. Non voglio creare parole e pensieri, ma il silenzio. Puoi seguirmi, ma non aspettarti nessuna spiegazione.







6) Ho potuto notare, nei tuoi lavori più recenti, una sorta di passaggio dalla predilezione per costruzioni e paesaggi a un uso meggiore e all’enfasi della figura umana. Perchè questo cambiamento?



Ogni tanto amo sperimentare il corpo umano, in particolare quello femminile. Sto provando a intesserlo con l’artificiale, l’inorganico o le strutture minerali, e sebbene le figure sono spesso molto frammentate e modificate, ho il bisogno di percepire la bellezza e l’erotismo del corpo umano. Questa combinazione, tuttavia, si rivela spesso molto problematica. Forse è solo un tributo al mio testosterone, non so.

7) Un tribute al tuo testosterone? Forse è lo stesso per tutti gl artisti :-)

Parlando invece dell’arte e della cultura in generale, pensi che i temi attuali e l’estetica possano convivere nella stessa arte?



Perchè no?



8) Un’ultima domanda, dopo ti lascerò finalmente libero:-)

Cos’e, secondo te, l’arte visionaria?



"Arte Visionaria" è un’altra categoria, un altro cassetto , molto utile per mantenere l’ordine. A qualsiasi cassetto tu scelga per le mie immagini, esse sono riflessi di domande attorno all’esistenza in sè. É un panopticon per la mia curiosità insoddisfatta. ma è anche gioia di creare, la gioia di estendere la mia realtà.



(Sabrina Abeni)

LAURENCE CARUANA: VISIONI ATTRAVERSO I SECOLI



Laurence Caruana è il terzo figlio di genitori maltesi conosciutisi e sposati a Toronto, in Canada. Dopo aver completato i suoi studi in tedesco e antica filosofia greca (BA presso l'Università di Toronto 1985), ha imparato le tecniche classiche di pittura presso l'Akademie der Bildenden Künste di Vienna (Accademia di Belle Arti di Vienna 1990).

Caruana poi ha iniziato un’esistenza itinerante, vivendo a Toronto, Malta, Vienna, Monaco di Baviera, Monaco e Parigi. In quel periodo, ha perseguito attivamente l'esperienza visionaria (sogni, enteogeni) come fonte per la sua pittura e scrittura. Dopo un incontro con la sua fidanzata francese a Monaco di Baviera, L. Caruana si stabilisce a Parigi. Nel 2000 ha incontrato Ernst Fuchs della Scuola di Vienna del Realismo Fantastico e, successivamente, è stato apprendista sotto di lui per un anno, lavorando nel suo studio a Monaco e Castillon, come pure per la cappella di San Egyd a Klagenfurt

Caruana attualmente lavora nel suo atelier a Bastiglia, e spesso si reca all'estero per esporre le sue opere e fare lezioni di presentazione su Visionary Art. L'anno 2008 segna la pubblicazione di Enter Through the Image(Recluse 2008, ISBN 978-0-9782637-2-0) e il suo primo seminario di pittura Visioni in Tecnica Mista.



Il linguaggio visionario è un linguaggio perduto, come cifre indecifrabili. Ma si nasconde sotto tutto ciò che noi sogniamo ogni notte. È invisibile appare ogni volta che la visione di immagini scorre in modo significativo. Esso emerge dal trance, dalla contemplazione, dal mito e dalla follia. Questa antica immagine-lingua, altrimenti dimenticata, è ora parlata una volta di più ... ( dal Manifesto of Visionary Art, trad. di Sabrina Abeni)

Cosa vuol dire essere un artista per te?

Quando ti senti per la prima volta un artista, devi imparare a essere fedele al tuo percorso di vita e alle visioni che guidano attraverso esso. Questo vuol dire che devi prestare attenzione ai tuoi sogni, fantasie e visioni a seguire realmente i sentieri che ti propongono, anche se sono molto distanti da qualsiasi cosa tu fossi preparato. Nessuno potrà essere convinto del fatto che tu sia un artista per almeno i primi dieci anni, perciò devi credere in te stesso. Ma se il tuo lavoro emerge e la gente comincia a prestargli attenzione, allora vedrai il tuo ruolo espandersi. Un artista visionario, quale io mi ritengo, apre gli occhi degli altri su quel mondo che altrimenti rimarrebbe nascosto. Non intendo riferirmi a mondi fantastici, ma a quegli aspetti del’esistenza che sono importanti, ma rimangono generalmente ignorati, come la trama della vita, le sue interconnessioni nascoste, o la sua unità di base.



Quali sono le tue influenze artistiche?

Ho assorbito le influenze di centinaia di artisti, alcuni conosciuti, molti sconosciuti. Il mio occhio vaga finché non si sofferma su un certo stile, un simbolo o un’armonia cromatica. Da qui, scavando sempre più nel profondo, si arriva all’opera di certi artisti e si crea una sorta di dialogo. Questo si sviluppa in un dialogo visuale tra la loro arte e la mia, ma il dialogo può essere anche verbale. Può suonare strano, ma io sento la voce degli artisti ogni volta che guardo i loro lavori. Una voce interiore parla alla mia testa e mi dice che dovrei concentrarmi su questo o quello… Io mi vedo seguire un percorso che traccia una specifica linea di sviluppo attraverso Hieronymous Bosch e William Blake, fino Gustave Moreau e Ernst Fuchs. Posso riconoscere e segnare le similarità nelle loro opere. Ma l’arte cristiana occidentale è solo una sfaccettatura del più grande gioiello della visione. Ho viaggiato molto, perché volevo veramente assorbire e comprendere l’arte sacra di altre culture- l’antico Egitto, l’induismo, il buddismo, i bizantini, i maya… Ognuna di queste tradizioni ha influenzato profondamente la mia arte, sia stilisticamente che simbolicamente.



Come nasce l’idea per un quadro?


Sono aperto a idee provenienti da ogni fonte. Ho avuto la rara e buona fortuna di ricevere certe immagini in sogno, dove la pittura si presenta completamente formata. Oppure mi viene dato solo il nucleo combinatorio delle immagini e io improvviso partendo da questo. Dopo trent’anni di registrazione dei miei sogni, posso dire che quelli con dipinti completamente formati giungono raramente, due o tre volte all’anno. Così faccio anche dei viaggi mentali con enteogeni. Nonostante le migliori intenzioni, non ho mai saputo quali visioni sarebbero scaturite, né se potessero essere utilizzate nella pittura. L’arte di altre culture è anche di grande ispirazione, soprattutto quando viaggio e visito luoghi sacri, come i templi o le piramidi. Tutte queste esperienze sono combinate quando ho esperienze enteogeniche in questi luoghi sacri, o quando successivamente li sogno…



Perché tanti artisti sono ispirati dall’arte orientale?


Il Rinascimento è nato dall'incontro tra due culture completamente diverse – l’antica arte greca e l’arte cristiana, che, fino ad allora, è stato in gran parte bizantina. Penso che ci sia sempre una grande esplosione di creatività quando le culture si scontrano e si aprono quindi a nuove influenze. Noi oggi siamo esposti a talmente tante culture diverse - sia antiche come quella egiziana, minoica o maya, sia attuali come quella orientale, amazzonica o le culture tribali. Siamo fortunati a vivere in un tempo così vario, ma gli artisti devono rispondere in modo creativo per alle nuove influenze, assorbendole e integrandole nella loro tradizione culturale.



Quale ruolo ha avuto Ernst Fuchs nello sviluppo degli artisti visionari?




In molti modi Ernst Fuchs rappresenta una contro-corrente rispetto al Modernismo. Ha uno sguardo artistico molto penetrante che guarda attraverso secoli e anche millenni di arte. Quindi, i suoi dipinti riescono a combinare influenze, idee e stili da talmente tanti punti di vista della storia dell’arte. Dove il Modernismo rigetta la maggior parte della storia dell’arte, Fuchs la incorpora, seguendo il dictat “includi e trascendi”. Le sue ricerche sul colore vanno al di là dei nostri tempi. Molti dei giochi visuali che crea- come le figure ampliate, le forme distorte o combinare i colori attraversi le velature- abbattono i confini della nostra percezione; essi lastricano la strada per i nuovi artisti. Quello che ho imparato soprattutto, lavorando con Ernst Fuchs, è stato il “vedere visionario”. Sicuramente anche imparare la tecnica mista è stato molto importante, ma la tecnica non servirà veramente i tuoi bisogni a meno che tu non impari a espandere la tua visione, per vedere forme e colori in modi al di là della percezione usuale. Questo è quello che ho preso da Fuchs.



Qual’è il ruolo della tecnica e quale quello dell’ispirazione nella tua arte?


Come ho detto, ho imparato la tecnica mista da Ernst Fuchs lavorando fianco a fianco con lui a Monaco per un anno. Ho imparato un metodo di pittura che attraversa la storia della pittura europea fino al tempo di Van Eyck. Essenzialmente la tecnica mista costruisce la pittura a strati. Alla fine ho capito che costruire un dipinto, strato dopo strato, per un modo di vedere visionario. Per esempio, tu puoi solo creare profondità e dimensione del colore costruendo queste dimensioni di colore, velandolo con strati cromatici semi-trasparenti uno sopra l’altro. La tecnica ti permette di vedere nuove profondità, di visualizzare, giocare e improvvisare…



Ho notato che sia tu che Philip Rubinov Jacobson siete venuti quest’anno in Italia per i vostri seminari. È forse perché sapete che in Italia l’arte visionaria è quasi sconosciuta?


Ho tenuto il primo di una serie di seminari di questa estate a Torri Superiore, un eco-villaggio ai piedi delle Alpi liguri, non lontano da dove ho lavorato con Fuchs. Il seminario è chiamato “Visioni in Tecnica Mista” in quanto persegue modi di vedere visionari, mentre s’insegna anche la tecnica mista. Sono stato abbastanza fortunato ad attrarre un gruppo di talento davvero entusiasta e da tutto il mondo - Argentina, Turchia, Stati Uniti, Nuova Zelanda, la Norvegia e, naturalmente, Italia.

Penso che siano venute fuori così tante persone, da tanti diversi background, perché c'è una reale necessità in questo momento di raccogliersi in gruppi creativi. Il luogo unico e il calendario di tali incontri è stato anche importante. Ho scelto Torri Superiore, perché si tratta di un piccolo eco-villaggio dove i residenti hanno una profonda consapevolezza di quello che sta veramente succedendo al pianeta e come dobbiamo cambiare il nostro modo di vita al fine di aiutarlo. Credo che uno stile di vita ecosostenibile e l’arte visionaria perseguono gli stessi obiettivi in diversi modi. Sempre di più sono le persone che hanno visioni di un mondo nuovo, e cercano i mezzi per rappresentarle. Le accademie d'arte non toccano questo tipo di cose, così questi seminari colmano il divario.

L'Italia è fortunata ad avere un paio di accademie private a Firenze che insegnano ancora che le tecniche classiche. Ma non incoraggiano affatto la visione o l’immaginazione... Ancora, l'interesse per l'arte visionaria è in aumento in Italia, così come lo è ogni altro luogo. Non sono d'accordo con te quando dici che 'è sconosciuta in Italia'. Piuttosto, i mediatori di potere dell’arte contemporanea, in Italia come altrove, non la riconoscono perché hanno paura di essa. Non appare quindi nei principali canali dei media, come la tv o i giornali. Nel frattempo,trova espressione attraverso altri mezzi. Betty Books a Bologna ha pubblicato un grande libro sull’arte visionaria chiamato True Visions, che include il pittore italiano Matteo Guarnaccia da lungo tempo il più conosciuto tra i visionari. Pittori italiani come Fabrizio Clerici, Romano Ferroni, Fabrice Balossini, Rosa Estadella e Colette Rosselli sono apparsi nel libro di Michel Random l’Art Visionnaire (l’edizione del 1991). Inoltre Maurizio Albarelli ha dato luogo a una grande esposizione d’arte visionaria a Venezia chiamata du Fantastique au Visionnaire, di cui è stato anche pubblicato un catalogo. Credo che la consapevolezza stia aumentando…



Cosa distingue un artista visionario dagli altri?


L’arte visionaria raffigura i mondi che nascondiamo dietro gli occhi. Rende l’invisibile visibile. Se si parla di angeli ed elementi o di antichi archetipi e geometria sacra, esse sono sempre figure e forme che rimangono invisibile all’occhio nudo, ma che la mente può riconoscere in un’opera d’arte visionaria. Quello che rende unica l’arte visionaria è quel momento dell’“ah!” di riconoscimento. Tu non hai mai visto quell’immagine prima, eppure ti è stranamente famigliare. Se un artista è davvero immerso nelle profondità visionarie, i marchi e i segni della sua esperienza si manifestano di solito nel suo lavoro. È una questione di autenticità, l’autenticità della visione. Ho provocato diverse controversie a causa della distinzione, nel mio manifesto, tra “veri” visionari, “quasi” visionari e “falsi” visionari nella storia dell’arte occidentale. Un cosiddetto “falso” visionario può essere un artista estremamente talentuoso, ma che non riesce a trasmettere un senso del sacro o di un mondo immaginario quando si confronta con un oggetto visionario come la caduta di Adamo, San Giorgio e il drago, o l'Apocalisse. Non è abbastanza combinare diversi pezzi per immaginare delle cose; devi avere una visione autentica del tutto. Ad ogni modo, è possibile saperne di più leggendo il Manifesto della Visionary Art, dove cerco di definire questo termine sfuggente in meno di un centinaio di pagine!






SITO DELL’ARTISTA: http://www.lcaruana.com

(Sabrina Abeni)

LA PITTURA COME MEDITAZIONE: L’ARTE VISIONARIA DI PHILIP RUBINOV JACOBSON




PHILIP RUBINOV - JACOBSON è nato a Rochester, New York. Ha conseguito una laurea in pittura, stampa artistica e scultura, oltre che in psicologia, filosofia, e religione comparativa, ha esposto in tutto il mondo. Nel 1995 ha fondato e diretto la Scuola di Formazione continua a Naropa University di Boulder, Colorado, e qui ha esercitato come decano dal 1991 al 1997. Attualmente lavora come artista, scrittore e docente, collabora con Ken Wilber ed Ernst Fuchs. Ha il sogno di stabilire il primo Museo Internazionale e l’Accademia d’Arte Visionaria in America.

1) Ho potuto notare un grande eclettismo nei tuoi lavori, ogni quadro sembra diverso dagli altri. Il tuo stile può essere quindi considerato sperimentale?



Da quando ero un ragazzo ho ricercato l’espressione artistica attraverso una varietà di stili e mezzi. Anche se sono stato identificato con il Realismo Fantastico e l’Arte Visionaria, io non sono solo né l’uno né l’altro. Molto più semplicemente non hanno mai visto quello che può essere chiamato il mio astrattismo, espressionismo, classicismo, esotismo, folcklorismo e il lavoro di pluristilismo. Nonostante la contemporanea enfasi delle gallerie e le pressioni sullo “stile”, sembrava piuttosto limitato ed estremamente noioso fissarsi e identificarsi con un qualsiasi stile, così mi sono sempre rifiutato di limitare me stesso, godendo quindi della mia libertà creativa. C’è questa forte tendenza di semplificare la mente creativa dei pittori, riponendola in un cassetto designato. Perciò dipingo senza questa preoccupazione. É sempre stato innaturale per me dipingere in "un" stile. Inoltre sono sempre stato sospettoso dei pittori che creavano opere che sembravano sempre le "stesse", decennio dopo decennio, così come non ho mai visto nessuna crescita nel loro lavoro, nessuna sperimentazione, ricerca di versatilità. Mi sembra che tali artisti siano sempre stati nella stessa stanza, dove solo la carta da parati è cambiata un po'.

La pittura inizia lì dove le parole finiscono e spesso le supera. Le gallerie comunemente richiedono agli artisti di scrivere una dichiarazione sulla loro espressione artistica e sul suo significato. Questa richiesta presume che l’arte stessa sia qualcosa di sventrato, difettoso e debole nel suo singolare modo di comunicazione e non in buona fede che solo quando è descritta con le parole. La tirannia della parola sull’immagine sta ancora affliggendo la psiche delle menti del ventunesimo secolo, influenzando tutte le Belle Arti.

Tuttavia, nel cuore dell’odierna società del consumismo, il mistero dell’arte è tranquillamente iniettato nel mondo materiale dalla tribù visionaria. L’espressione artistica dello spirito inevitabilmente filtrata dalla cultura in generale. Una conoscenze rigenerante, ringiovanente e redentrice deve far parte dei buoni lavori. Per me seguire una linea d’impegno estetico non potrebbe mai soddisfare lo scopo della mia ricerca, questo è così semplice. L’arte è un gioco serio. Può essere anche giocoso e libero, libero di esplorare ogni significato dell’espressione. Non tutti i quadri devono essere dei capolavori, possono essere anche divertenti e portare felicità, conoscenza e soddisfazione.





2) Oltre che pittore e scultore, sei anche uno scrittore, filosofo e professore. Quanto tutti questi interessi contribuiscono a caratterizzare la tua arte?






Credi che tutti i miei impegni siano inestricabilmente e integralmente combinati, ogni direzione contribuisce a lavorare con l’altra. Quello che imparo e sento, come professore e insegnante, e quello che esprimo artisticamente, tutto riflette e si sottopone a una base spirituale. Come nelle segrete dottrine degli antichi, questo lavoro ha a che fare con i misteri della vita e le perenni domande che sorgono da un tale esercizio. Il lavoro dei veri artisti è preservato tra un piccolo gruppo di menti d’iniziati fin dall’inizio del mondo. Sono come il Grande Arcano del vecchio, queste opere d’arte, attraverso il simbolo, sottili energie estetiche e l’allegoria dell’astrazione, offrono anche chiavi che aprono una casa del tesoro, piena di verità artistiche, filosofiche, scientifiche e religiose. La grande arte è una pratica spirituale che getta via gli errori dei dogmi e dei principi, esprime la Bontà, la Bellezza e la Verità e non è mai soddisfatta con nessun loro sostituto o contraffazione. Così se io dipingo, scolpisco, insegno o scrivo sull’arte o sulla filosofia, tutto ciò ritorna come “pratica spirituale” per esprimere l’amore per i misteri e il tentativo di scoprire e condividere alcuni parziali aspetti dell’Invisibile dietro il Visibile.







3) Quanto lo studio della filosofia orientale ha influenzato il tuo lavoro?





Credo che i miei lavori dal 1975 al 1981 siano stati direttamente influenzati dai miei studi di filosofia orientale e la mia esperienza in India. Durante questo periodo i miei quadri riflettevano l’espressione pittorica del movimento del kundalini e shakti dentro e attorno me. La luce stessa si muoveva nel mio lavoro, illuminando e mandando via le tenebre; uno scavo dell’inconscio e degli stati onirici permesso da un genuino risveglio assistito dal potere dell’arte. I metodi di meditazione e le mie esperienze in India hanno aiutato questa trasformazione dentro me stesso, riflettendosi anche nei miei lavori. Forse la più profonda rivelazione che ho portato via dall’India, come un empirico ed esistenziale evento-caso della filosofia orientale, fu l’innegabile esperienza che “Dio abita dentro di noi– come noi”. Ho scoperto che Dio non può che essere pienamente a conoscenza di diventare Dio, come nel modo descritto dalle esperienze sia di Shankara che del Maestro Eckhart, diventando ciò che noi “già e sempre siamo stati”, essendo esso stesso preso pienamente dalla vita divina e trasformato in questo.

L’idea dell’uomo diventato o reso Dio non solo è estranea alle concezione popolari religiose sulla natura di Dio e dell’uomo, ma è spesso percepita come sacrilega e oltraggiosamente arrogante, peccaminosa e blasfema, spesso per l’errata presunzione che l’identificazione sia fatta tra “l’ego personale” e il Supremo Essere. Infatti molti artisti, anche se potrebbero essere definiti visionari, sono in totale disaccordo col Maestro Eckhart, Shankara, James, Blake, Rumi e tutti i mistici che hanno sperimentato questa diretta identificazione del divino. Non è puramente un mio punto di vista o una mia esperienza, nient’affatto. É costruita sulla consapevolezza ed esperienza di molte grandi menti, filosofi, santi e mistici di tutte le tradizioni di saggezza che supportano questo punto di vista. Si tratta di una prospettiva “nascosta” e una nota “esperienza”; questa non è una mia invenzione filosofica, in nessun modo. Quello che può essere di nuovo e originale nella mia opinione personale è come io ho attaccato, assimilato e sintetizzato “l’arte, gli artisti, la creatività e l’ispirazione” in un miscuglio di transpersonale e di pratica estetica spirituale che integra qualsiasi percorso scelto. Infine ho capito che questa realizzazione non è solo “orientale”, ma anche “occidentale”, non solo delle genti del “nord” ma anche del “sud”. Infatti non esiste un gruppo religioso che possieda o dispensi la Verità ultima, o che abbia un copyright di Dio. In maniera simile, non c’è un gruppo scientifico o politico, o artistico in generale, incluso quello Visionario o Fantastico, che abbiano esclusività di esprimere la Realtà in se stessa. Tale esclusività ci conduce ancora verso un altro dogma di nuova costituzione, un’altra illusione costruita col fango dall’uomo alla maniera dei Maya. È richiesto un punto di vista più completo e usuale. Il punto di vista usuale non è limitato al popolo dell’antica India. Noi troviamo la stessa fondamentale idea espressa nelle religioni tradizionali di molte culture, comprese quelle che sono classificate come “primitive”. Per esempio, gli aborigeni australiani parlano del tempo del Sogno originale in termini di reminiscenza dell’omogeneità della Fonte prima della Creazione, e i gli indiani nativi americani parlano del Grande Spirito. Gli antichi cinesi celebravano l’Unico Essere come il Tao o “modo”. Gli antichi egiziani riconoscevano un pantheon di divinità, i Netters, che sono veramente aspetti funzionali dell’Unica Luce Divina. Una situazione simile prevalse tra gli antichi greci, in molte società tribali africane, nell’ Estremo Oriente, nel Sud America e nelle prime genti germaniche. La credenza in una sola Realtà non deve essere in contrasto col riconoscimento del fatto che esistano diverse divinità, allo stesso tempo maschio e femmina, poiché possono essere considerate come manifestazioni, o almeno, super-archetipi dell’Essere Universale.

Come Huxley ha notato, i più complete praticanti di questa filosofia sono i santi, i saggi, gli esseri illuminati e i mistici artistici delle varie culture della terra. Questa perenne filosofia (“amore della sapienza”) ruota intorno a pochi temi focali: la singolarità della verità, il supremo valore della diversità, la sacralità dell’esistenza e dell’individualità umana. Oggi, dal punto di vantaggio del nostro presente luogo, nel decadente dramma dell’evoluzione su questo pianeta, possiamo aggiungere un altro elemento: il vacillante potenziale del genere umano verso l’unità della coscienza. Nel nostro tempo, la spiritualità presente in ogni cosa è sempre contestata da un cultura materialistica e dall'economia. Nelle Belle Arti, la spiritualità nell'arte diventa un questione "iconomica”, cioè una difficile vendita di una mistica creativa nella struttura economica del mercato artistico. La controversia tra spirito e materia fu di particolare interesse per Schiller, il quale scrisse che, al fine di venire a patti col paradossale gioco tra libertà e destino, il finito e l'infinito, la natura e lo spirito, il grosso e il sottile, i regni oggettivi e soggettivi, noi entriamo nella lotta della creazione. Ogni essere umano subisce una lotta creativa di un tipo o di un altro. Le mentalità integrali degli artisti, siano essi pittori, scrittori, musicisti, registi, attori, scultori o ballerini, o qualsiasi altro tipo di lavoratori creativi, la affrontano consapevolmente, integrandola nella loro vita quotidiana, nei loro problemi quotidiani. L’anima degli artisti lotta con le forze della creatività per rendere oggettiva la loro interiore visione soggettiva. Essi hanno risposto alla chiamata della bellezza, della verità e della bontà e spesso devono vivere solo con il coraggio e la fede, poiché entrambe le cose lottano contro le sfide e il gioco serio dentro la loro “chiamata”. Una pratica transpersonale come la meditazione (e ce ne sono un centinaia tra cui scegliere) fortifica l’abilità di ognuno di affrontare gli ostacoli e il caos della vita, così come offre un luogo di pace dove rifugiarsi e rinvigorirsi. Questo posto non è lontano e non costa niente. Molti spendono migliaia di dollari allo studio dello psichiatra per un po’ di “pace della mente”, quando questa pace è facilmente disponibile dentro tutti noi e raggiungibile attraverso la semplice pratica di meditazione e le arti. É un luogo dove la mente rallenta e diventa "calma" e la pace fluisce su di essa come un flussi di aria calda. É un luogo interiore di ringiovanimento. É lo spazio di Dio dentro di noi, dove la pace può essere trovata, esperienze mistiche ed estetiche ed eventi trasformanti possono essere spiegati.







4) Qual'è la funzione della luce, della materia e degli elementi naturali nella tua arte?





La visione ordinaria non è altro che l’incontro fisico dell’occhio con l’illusione della materia che lo colpisce. Vivere e abitare solo in uno stato di ordinaria visione è come passeggiare con la neve sulle nostre teste, la nostra immaginazione congelata, la nostra intuizione e l’anima nel ghiaccio. Per la mistica creativa che ha risvegliato la Realtà dell’Immaginazione Spirituale sopra l’Illusione della Materia, l’Invisibile sopra il Visibile, la vita non è solo disposta nel Bacino dello Spazio, ma è sposata con la Luce e l’Amore, la Figlia dell’Eternità e il Figlio dell’Infinito. La nobile missione dell’arte serve e ispira l’illuminazione in noi stessi e negli altri, attraverso un’integrante e inerente forza vitale che sospende la mente, causando la temporanea perdita da parte dell’ego della sua limitata identificazione. Sto parlando di un’arte che ci lascia momentaneamente senza fiato, e ci porta nelle profondità delle nostre anime, o eleva i nostri spiriti ad alti stati, nei quali noi siamo resi degni d’essere umani.

Sono sempre stata affascinato dalle infinite possibilità svolte dalla luce in un dipinto. Per molti anni, l’obiettivo della mia pittura riguardava la “luce” nelle sue miriadi manifestazioni come materia. Ho fatto questo in numerose forme e modi. Uno di questi modi era stato esplorare ed esprimere l’essenza delle gemme e dei minerali. Essi hanno per me un fascino in quanto forme di “luce solida”. Ho avuto un’esperienza trascendentale nel vedere e sentire l’essenza della vita sotto il regno cristallino. Ho visto il piano causale della loro origine, anche il loro realizzatore dietro la matrice materiale. Sono stato in grado di andare dentro e fuori le loro forme. È stato così fantastico e io avevo solo appena cominciato a dipingere le forme più "grosse", per poi spostarmi lentamente verso l'espressione dell'essenza della loro "sottile" esperienza. Trovo anche impegnativo tecnicamente dipingere simili immagini.

Per la mistica, la creazione di immagini coinvolge un modo simbolico di esprimere paradossalmente la terra al di là di tutti i nomi e le forme, che includono ancora altre forme. Questo universo, questo infinito spazio pieno di corpi celestiali e forme inimmaginabili; cosa c’era qui prima di esso? C’era ancora “prima di esistere”? Com’era? Era qualcosa che poteva essere visto? La terra al di là di tutti i nomi e le forme sta dietro tutto ciò che esiste e fornisce tutte le possibilità di essere.

È come la tintinnante cavigliera di una divina danzatrice, che ballando graziosamente tesse l'invisibile dietro infiniti mondi. Contemplando una massa di luce indefinita si può ottenere solo un qualcosa d'intangibile, una lieve forma dell'informe del fausto corpo del Divino; uno degli infiniti modi per vedere questa luce viene spiegato nel modello d'irradiazione dei raggi. Tali modelli energetici, che compongono lo spirito della materia, eventualmente tessono i loro modi dall'intangibile alla tangibile tela; vestono il pensiero di un'arte dell'anima. Consolidati i modelli, condensati fuori dal Tutto, si crea un microcosmo di infiniti e più piccoli insiemi. In questo modo l'arte può anche essere intesa come un holon estetico. Un quadro può evocare e far precipitare questo processo microcosmico rispecchiando i principi macrocosmici; ogni immagine individuale diventa un più piccolo insieme riflesso del più ampio Tutto, in cui risiede ogni cosa. L'universo è costantemente creato, sostenendo e distruggendo forme. Nascono le stelle, danno luce e calore, diventano nova e muoiono. Così questo viene costantemente creato con la Mente, mantenendo e distruggendo le forme del pensiero, rispecchiando il processo creativo dell'universo. Nello stesso modo, l'artista dell'anima, un piccolo tutto del più grande Tutto, comincia un creativo processo, dentro se stesso, di disintegrazione, ricostruzione e reintegrazione attraverso il percorso dell'anima verso la riunificazione allo Spirito.





5) Il motivo della trasformazione è molto frequente nell'Arte Visionaria. Qual'è il suo significato per te?



La visione trasformartiva è una riflessione artistica dell’evoluzione della coscienza dell’individuale e dei livelli collettivi. Viene spesso sperimentata quando la mente è calma e l’identificazione con l’ “ego” è temporaneamente sospesa, come nel genuino stato della meditazione. I veri artisti visionari usano la loro abilità per entrare dentro ed esprimere qualcosa dallo stato transpersonale. Nell’esperienza transpersonale della meditazione (e la pittura è una forma di meditazione) o nello nello stato di coscienza del “non Io” come nel processo creativo; sebbene molte persone raggiungono momenti di non essere, o “non Io”, o sono “perse nel presente”, un’esperienza nella quale per tutti il senso d’identità momentaneamente sparisce e sorge la coscienza unificata; tali esperienze sembrano incomprensibili per quelli che non le hanno avute. Per i moderni scienziati convenzionali, creature dal pensiero razionale e, per la maggior parte, ancora legati all’epoca dell’Illuminismo, hanno considerato i risvegli mistici e gli stati non ordinari di coscienza come auto-inganni, ciarlatanismi, avvenimenti chimici nel cervello, disordini mentali, balordaggini, o cose simili. Il pensare non concettuale è spesso difficile da descrivere con le parole. Ancora, incendia una descrizione, o da una sottile immagine d’intuizione, le esperienze artistiche, l’ispirazione e i sentimenti indescrivibili collegati a fenomeni come l’esercitare una complessa matematica, provare amore o dolore, visioni di esperienze estatiche e trova l’illuminazione spirituale. Infatti, lo stato di “non Io” e l’essere “perso nel presente” sono stati sperimentati e descritti nel corso dei secoli come validi e potenti mezzi di percepire l’insieme della Realtà. Questo gioco disinteressato della coscienza, in cui uno “perde se stesso” nello stato di “non Io”, è anche un terreno fertile per la creatività, il genio e la trasformazione.

L’artista estatico esclama, infatti, quello che tutti noi potremmo esclamare: “Io sono l’Assoluto, il sorriso e la tristezza, il leone e il passero.” Ognuno di noi può dire: “Io sono un fetido uomo senzatetto, tu fingi di non vedermi così come il prigioniero che hai giustiziato, il bellissimo bambino che ride e l’anziana donna che muore alla porta accanto.” Stiamo guardando fuori da ogni faccia; siamo stati scavati dalla stessa UNICA luce. L’esperienza estatica può essere una sorta d’intossicazione beata, e allo stesso tempo un cristallo creato dal lampo di un meteorite di una luce amorosa senza tempo. Non è maniacale o una forma di patologia di qualsiasi tipo. Da essi ti eri allontanato e ricordi che prima di questo viaggio tu sapevi tutto. Che tu hai parlato di te a te stesso. Né il tempo o lo spazio, né la nascita o la morte erano una condizione. Non c’era nient’altro da sperimentare. Giunge appena un cenno di memoria, una lieve sensazione se vuoi, che l’eternità senza tempo e l’incessante felicità sembravano noiosi, o almeno, mancavano di un’impressionate creatività. Tu ricordi; il tuo è un vago ricordo, che crea un’illusione che limita lo spettro della tua percezione. Ora, che tu sia un pittore o un idraulico, tu guardi al di fuori del mondo delle forme, attraverso gli occhi estatici della mancanza di forme. Tu vedrai per sempre e poi vedrai te stesso come disgiunto: come un fiume, un cavallo, un montagna. O come tuo cugino, amico o padre. Tuttavia, vi è anche questa unità interiore, questa spinta verso la scoperta di se stessi che ritorna verso di te, alla memoria totale. Ti svegli e comprendi che stai intraprendendo un grande pellegrinaggio che ti porterà lì dove tu sei iniziato, verso chi e cosa tu sei sempre stato e sei ancora adesso, quello che sarai sempre e quello che stai diventando. Il motivo della trasformazione nelle opera dell’arte visionaria riflette ed esprime questo viaggio-non viaggio.

6) Cos'è l'arte visionaria per te?



Per me, e molti così detti “artisti visionari” potrebbero dissentire , l’Arte Visionaria è un termine che descrive il lavoro di artisti-mistici, o quello che ho anche chiamato “ artisti creaintuitivi” che combinano la loro creatività con la loro intuizione nella loro ricerca di una rivelazione spirituale. Ho anche descritti l’Arte Visionaria come una sorta di arte dell’Anima che conduce all’arte di Dio. Un artista simile sposa la Psyche con la techne, in modo da intercettare la forma universale e il sacro linguaggio. L’arte è un linguaggio fluido e sacro che ci parla, non solo con risonante conforto e serenità, ma anche con un potente potenziale di trasformazione. Può essere una spada di ardente cambiamento. I più autentici dei nostri visionari hanno semplicemente delle visioni. Essi sono estatici per natura. Sono nati essendo già passati attraverso l’Immaginazione Primaria, e sono pienamente partecipi all’Immaginazione Spirituale. Hanno esperienze della coscienza non ordinarie; esperienze uditive, chiaroveggenti e sensitive… spesso senza l’aiuto di droghe o ingerendo sostanze di qualsiasi tipo. Seguendo l’impulso e la forze di un’innata natura creativa, la mistica artistica passa attraverso le membrane della coscienza. Utilizzando gli strumenti della loro arte, le manifestazioni creative agiscono, come uno specchio, riflettendo i segni e i simboli dello Spirito. Lo Spirito porta la pratica artistica a trascendere le nostre limitate e congelate identità verso un’esperienze più espansiva di noi stessi e della natura infinita. Il lavoro prodotto riflette sempre più un linguaggio dell’anima più profondo e ricco. Il linguaggio visuale agisce anche da simboli e segni per l’autore creativo, rispondendo inoltre al suo viaggio spirituale. La mente diventa un riflesso microcosmico dei principi macrocosmici nel processo universale della grande creazione. Come ho detto, le stelle, le supernove, i pianeti, le lune e il materiale cosmico vanno e vengono; sono costantemente create, alimentate e distrutte, e lo stesso accade con la mente, portando sempre nuove forme di pensiero e immagini in divenire, creandole, alimentandole e dissolvendole costantemente– riflettendo artificialmente il Processo Creativo Universale fino a che la Divinità venga percepita, vissuta e unita con chiarezza– senza alcun adombramento degli occhi dell’anima.

La Significante Realtà dell’Immaginazione come in un percorso può condurre il creativo verso la verso contemplazione e a comprendere sia il dogma che la natura dell’illusione. Siccome riteniamo rari gli stati di coscienza che si evolvono al di fuori dell’immaginazione spirituale, la cui descrizione non può essere resa con un linguaggio preciso e adeguato, il nostro compito aumenta di difficoltà. La principale caratteristica dell'immaginario spirituale è quella di operare attraverso le proprie più significative capacità e può essere riassunto come segue. Colui che immagina può ascendere sopra la molteplicità e la divisione della nostra coscienza generale e sorgere al di sopra di se stesso (della sua egocentrica personalità e limitata identificazione), attraverso il veicolo dell’immaginazione spirituale. Qui la coscienza dei vivere in una specie di cappa e l’illusione di separatezza dal mondo che ci circonda si dissolvono. Pensiero, amore e volontà diventano un'unica cosa, il sentimento e la percezione che sono stati fusi. In questo caso, a un certo livello, la loro arte diventa integrale nella loro natura essenziale. La ricerca del lavoratore creativo, attraverso il ponte che porta dall’Immaginazione Primaria all’Immaginazione Spirituale, corre parallela con la secolare questione e la ricerca della Verità ultima, che giace nascosta sotto tutte le parziali verità, sotto tutte le opposizioni polari che condizionano la percezione umana, una ricerca che non termina invano. Abbiamo bisogno di non accontentarci delle parziali verità rivelate dall’astronomia, dall’archeologia, dalla biologia, dalla storia, tutte verità poste ognuna nel proprio campo, che a volte contraddicono o sembrano contraddirsi l'una con l'altra, nessuna completa in se stessa, nessuna ci mostra l'immagine completa; lo stesso con le verità della matematica e della fisica, o quelle del linguaggio, verità primarie che obbediscono alla regole che gli uomini stessi hanno creato. Al di là di tutte queste, al di là delle contraddizioni di ciascuna verità separata, si trova nascosta la suprema, finale e intera Verità, la sintesi finale, che l'umanità ha cercato di trovare e non è mai riuscita a integrare armoniosamente. L'arte può assumere una profonda qualità non etica e può portare una nuova conoscenza e intuizione, quando muove al di là della fantasia e rivela luoghi interiori che non potrebbero essere conosciuti in altri modi. Questa conoscenza è acquisita non attraverso l'osservazione, ma attraverso la partecipazione e fusione tra lo spirito e la materia. Colui che immagina, il soggetto, non sta più davanti allo schermo della visione, l'oggetto; i due si uniscono e fondono. Nel reame dell'immaginazione, anche quando ciò è costruito mentalmente o giunge come visione ispirata, questo è ancora una sorta di oggetto; anche se fatto della fine materia del pensiero, o dell'eterea sostanza di una visione interiore. Ciò si presenta, inizialmente, come qualcosa di altro rispetto a noi stessi, seguito immediatamente dall'esperienza della fusione, dove il conoscitore e la cosa conosciuta diventano una cosa sola. Colui che immagina può partecipare alla Divinità, e alcuni di loro lo fanno. L'artista ha la coscienza d'essere quello che conosce e ciò che conosce è lui stesso.

C’è un’arte visionaria “integrale” e un’arte visionaria “parziale”, un po’ deformata, o una distorta impressione ed espressione di un altro stato della coscienza. Il Surrealismo, per esempio, poteva essere potente, caricato emozionalmente, ma pur sempre qualcosa di “parziale” o addirittura deformato. Esistono “artisti visionari” che vivono stati alterati ed esprimono queste esperienze, ma spesso ciò risulta freddo, privo di sentimento umano, sono artificiali e mancanti, soprattutto se sono “fantastici” e rendono con realismo fotografico che ci lascia solo con un brusco colpo del Cosmico, ma non irradiano nulla del livello emozionale. Definisco “arte brutta” solo quello che difetta di sentimento. Un’integrale arte visionaria, così come una sana spiritualità, è libera da dipendenze e divieti ed è caratterizzata da un’apertura e volontà di affrontare la realtà. Un’arte integrale esprime la nostra umanità, diversità e divinità, la nostra fragilità e forza, le nostre tenebre e la nostra luce. Esprime rispetto per la vita e potenzia la nostra capacità d amare, di pace e gioia. Influenza l’esperienza sua nei mondi interiori che in quelli esteriori e attraversando implicazioni personali, sociali e culturali, il suo impatto è ispirativo e di fusione dell’esperienza. Un’arte potente può essere ugualmente trovata tra quei artisti che hanno fatto come scelta di vita quella della vita religiosa tradizionale, e tra di loro ci sono anche quelli che non pensano per niente alla religione, forse sono anche atei. I frutti di entrambi sono ugualmente gustosi e si può percepire una loro opera d’arte come contraria alla sua apparenza, perché l’arte può operare dentro di noi, nelle nostre leggi del divenire, nel midollo delle nostre ossa e nell’anima autentica.

Nell’arte integrale, una genuina aspirazione, come quella per la spiritualità, presuppone certe qualità, inclusi la consapevolezza di una dimensione trascendentale, un senso di meraviglia, amore e gratitudine, compassione e gentilezza, il desiderio di connettersi all’Assoluto, la suprema essenza della Luce Vivente. Questa spiritualità integrata supporta la libertà, l’autonomia, la stima di sé e la responsabilità sociale. Non rinnega la nostra umanità, né dipende dalla soppressione o negazione delle emozioni, della sessualità, delle credenze o altro. È inclusivo, non esclusivo. Al contrario, incoraggia a sentire il cuore e a confidare nella saggezza dell'intuizione, include , anzi coinvolge l'anima, la mente, la vita e il corpo tutti insieme, dove trova l’espressione finale nell’arte e nella nostra interazione con la vita, attraverso tutti questi mezzi e contenitori. Le caratteristiche di un’arte integrale e della spiritualità sono anche quelle della maturità psicologica. Soccombere sia agli impulsi personali in crescita che a tutte le imprese creative è un impulso fondamentale che cerca e unifica la coscienza. Molti dubitano che un creativo con una prospettiva atea possa aver mai sperimentato i più sottili stadi della coscienza e della visione, come se uno stato di esclusività potesse escludere l’”inclusività”, e l’apertura richiedesse di vivere come sottili stati quello che i mistici descrivono come un “unione col divino”. Nient’affatto, io non sono convinto che tali esperienze siano non siano possibili per un “ateo”, anche se solo un catalizzatore a trasformare il nostro sistema di credenze. Tutte le nostre spinte motivazionali sono soggette alla fondamentale spinta spirituale di raggiungere l’unità con l’Assoluto, consciamente o incosciamente. Ciascun stadio successivo dello sviluppo psico-spirituale richiede un ordine più alto di unità. A ogni stadio il nostro Io cerca l’unità in accordo con i vincoli di un particolare concetto di sé con il quale d’identifica. La gratificazione in ciascun stadio è anche un’illusione che impedisce la liberazione se noi la scambiamo per la fine del percorso. Con chiarezza e costanza, come in un processo di iper-avanzata espansione della premessa di Ma slow sull’effetto cumulativo dei “picchi delle esperienze”. Negli scritti di Wilber ciò viene tessuto nell’esperienze quotidiane della crescita spirituale umana e non negli avvenimenti occasionali e rari descritti nella tesi di Ma slow, o come in un’epifania della realizzazione di sé e della vita. La pratica artistica può permettersi continuamente questi picchi dell’esperienza e questi stati collocati nell’interiorità, quando tessono la stoffa della pratica transpersonale che inevitabilmente conduce a dei progressivi stati della coscienza e a una crescente connessione col Cosmo stesso. Quindi posso anche vedere l’Arte Visionaria come un lavoro manuale all’interno di una più ampia pratica spirituale.



7) Quando ho letto la tua biografia, ho notato che hai portato avanti diversi progetti di scuole d'arte e centri di collaborazione tra menti creative. Qual è, oggi, la loro funzione?



Tutti i miei progetti culmineranno, presto, in un luogo che io chiamo "Villa Visionaria", che ho progettato di stabilire in Italia. Questo dovrà essere un posto di ritiro artistico, di studio e di produzione creative. Vi risiederà un piccolo numero di spiriti congiunti, vivendo come una comunità creative. Per una parte dell’anno sarà anche aperto al pubblico come galleria, accademia o forum per progetti d’arte collaborativi con la comunità, in generale, sull’educazione, l’industria le arti e le scienze. In particolare servirà da impegno consolidato di tutti i miei sforzi e vicende passati, trascendendo, ma includendo, tutto ciò che è avvenuto prima.




8) É possibile una collaborazione tra artisti che non sia afflitta da conflitti e rivalità?


Gli artisti necessitano di acquisire nuove prospettive nella collaborazione, in opposizione alle loro obsolete visioni, come è testimoniato da uno dei miei colleghi che ha scritto: “… gli artisti sono, al meglio, amichevolmente nemici.” La gelosia, il risentimento e la sibilante rivalità devono terminare, mentre deve iniziare un nuovo metodo di cooperazione. La parola chiave qui è comunità creativa di cooperazione. Quando noi parliamo di pittori, scultori, compositori e scrittori, che sono artisti che non si esibiscono, è ovvio che il loro lavoro richieda qualcosa come un’esistenza un po’ di clausura, che possa colorare la personalità e indurre una forma di autonomia e una vita d’isolamento. Alla luce di questo, un sforzo deve essere compiuto per aggiungere il contatto col mondo in generale, per coltivare e mantenere un equilibrio emozionale e psicologico. Anche per l’artista “spirituale”, è anche innaturale e contraddittorio, qualcosa di disumano, permettere che la preghiera, la meditazione o la pratica artistica creino una sorta di “isolamento spirituale”. Quando la pratica artistica, la preghiera e la meditazione diventano un elisir per l’isolamento, quando questo consiste quasi esclusivamente in una bella e beata contemplazione della divinità paradisiaca, questo perde molto della sua influenza socializzante, la sua essenza di amore integrale (di abbracciare, ricevere, dare), e tende a isolare coloro che lo praticano e deprivano il mondo di un’altra forza positiva. C’è un certo pericolo e perdita dell’integrazione umana, sia personale che collettiva, con la preghiera, la meditazione e la creazione esclusivamente private, tutto ciò viene bilanciato con la compagnia degli altri, dipende naturalmente dalla “compagnia”, ma è anche un questione di scelta e selezione. È importante adesso per gli artisti di ogni luogo andare verso l’integrazione e il contributo creativi, condurre le loro abilità creativa e potenziarle nella corrente principale. È ugualmente importante che la comunità in generale s’impegni e interagisca con il mondo degli artisti. Il mondo necessita disperatamente di questa infusione e relazione integrale. Tutti i fattori isolanti del creativo di tipo visionario non sono interamente rientranti nella sua giurisdizione, gran parte di questa separazione è dovuta al divenire visionario spinto verso l’esterno, nella frangia della comunità. Le opportunità genuinamente creative rese disponibile dalle forze politiche e della comunità sono rare, quando questo sono possibile, sono quasi sempre orientate verso il convenzionale, il commercialmente accettabile e artisticamente “appropriato”, in modo da rappresentare il loro sistema di credenze alla base della comunità. Quindi l’integrazione deve essere un doppio sforzo, l’arte come pratica transpersonale è una direzione che coinvolge la coltivazione della coscienza della Presenze di Dio, cosa del tutto lodevole, ma quando queste pratiche ed esperienze portano all’isolamento sociale o culminano nel fanatismo religioso, nell’arroganza intellettuale e nell’esclusività, cose tutte riprovevoli. Gli artisti devono guardarsi da tali mancanze. A causa della natura oppressiva del viaggio artistico e delle sfide del mondo presente, il mistico creativo può prescindere dal mondo banale e nascondersi in un esistenza di clausura, o nel fascino polarizzato, proteggendo se stesso, in una specie di armatura, dalle comodità della fama, dello sfarzo, dei lustrini e della gloria, attraverso un cerchia selezionata di ammiratori scelti. Credo che questo sia molto importante, quindi, per il mistico creativo gettare un occhio, dal suo isolamento, verso queste tendenze, sia nella povertà, che nello sfarzo e nella gloria. Lavoro contro questa tendenza. organizzando seminari per la pittura, attraverso una genuina “comunità creativa” e circoli d’istruzione e ispirazione, letture e incontri col pubblico, scrivendo libri per il pubblico, e organizzando vari eventi che uniscono gli artisti col pubblico.

È necessaria una nuova visione del mondo. Sono richiesta una prospettiva mondo-centrica, anche teo-centrica e un’arte integrale. Il modella dell’artista scorbutico, isolato e individua è adesso inattuabile, è essenziale un approccio più collaborativi tra l’artista e la comunità, e può essere avviato. Gli artisti contemporanei che hanno colmato e riconciliato la loro esperienza interiore con il mondo esterno attraverso la pratica spirituale, hanno adesso collocato se stessi come potenziale “punti d’ispirazione” per lo sviluppo della comunità creativa e quindi per la più Grande Tribù, sebbene si potrebbe anche essere sorpresi di scoprire come esistano pochi di questi artisti che pratichino sinceramente quello che predicano e dipingono, anche se in mezzo alle orde di creativi che si etichettano come “visionari” o servi dello Spirito. Il mistico creativo, avendo sposato interiormente psyche (anima), il reame di mente/spirito, con il mondo della materia, e techne (corpo/tecnica), è competente in un ruolo che permetta di guidare se stesso, di mostrare attività e azioni responsabilmente creative. Il più alto compito dell’artista è ISPIRARE, piuttosto che prendere decisioni autonome, o fare un’arte meramente negativa, per commentare eventi e condizioni negative, senza nessun tipo di visione positiva, o proposta di sostituzione delle soluzioni creative, o di azione guaritrice, o di altre estetiche possibilità di evoluta consapevolezza verso qualcos’altro. Lo svelamento di una politica o di un mondo sbagliati, attraverso l’arte, indica certamente un nobile uso di abilità, ma sarebbe più completo con l’offerta di una soluzione creativa, anche se con una forma d’espressione di qualche più alto ideale, di una soluzione creativa o di una visione. Certamente esiste una stanza in tutti i nostri musei d’arte che includono anche una tale arte integrale, sebbene l’abbiamo vista raramente. Non sto parlando di rimpiazzare gli usuali oggetti dell’arte moderna, ma d’includere quello che intenzionalmente viene lasciato fuori. Attraverso una ripresa della relazione cooperativa tra la comunità e il creativo, la funzione dell’artista-pianificatore e dell’ ”artista politico” dalla mente integrale può acquisire un ruolo più positivo e costruttivo. Nuovi approcci verso e per la comunità possono permettere un lavoro innovativo, che emerge non controllato da limitazioni autoimposte da una comunità non familiare che dirige l’esperienza creativa, l’espressione di stati non ordinari e il potere di una visione e di un’arte trascendenti. Visto che le comunità del nostro tempo negano il talento artistico accoppiato a una visione spirituale, esse dovrebbero essere incorporate e accompagnate da questi creativi agenti di trasformazione.

Gli artisti che si sviluppano guardando al di là del loro tradizionale ruolo, in quanto non solo creatori di forme e “robusti individualisti”, accetteranno una responsabilità per la direzione creativa dei propri compagni creativi e delle comunità totale. Per di più, gli artisti riluttanti a sostenere i propri compagni creativi sono semplicemente avvolti dalla paura e dalle insicurezze. Rimangono in un modo d’essere egoista e competitivo che presto li isola, minando la loro personalità e lo stato di benessere. Attraverso la conseguente comprensione di un’attiva arte integrale, l’artista diventa cosciente della propria vita interiore a può capire la più ampia vita esterna della comunità, rispondendo sia ai bisogni individuali che a quelli collettivi, emerge veramente come un artista integrale, altrimenti dov’è l’umanità in un essere “visionario”? Il risultata sarebbe degli artisti visionari desiderosi di fare dei musei di se stessi, che onorano solo se stessi, non diversamente da un Faraone. Gli artisti che si prendono realmente la responsabilità per le proprie azioni e, attraverso la loro crescente visibilità, le comunità prendono responsabilità mediante gli artisti integrati, invece che esiliarsi allo stato di outsider. Un artista che aspira a diventare integrale ha più possibilità di raggiungere quello che gli artisti integrati nella comunità hanno conseguito prima di lui. Possiamo accusare gli artisti di questa natura anti-sociale e squilibrata in una cultura che raramente integra, apprezza o conosce il loro potenziale, in primo luogo i contributi pratici e artistici visionari?

Sto ancora intravedendo cosa questo nuovo ruolo simbolico dovrebbe essere per gli artisti e la comunità. Villa Visionaria esplorerà questo. L’intenzione della partecipazione di comunità varierà a secondo delle forme d’arte, ma questa nuova relazione artistica, sociale, politica e spirituale deve avere implicazioni universali. Nel teatro questo dovrebbe potenziare e rivelare esperienze archetipe. Il suo sviluppo nella comunità è quello di permettere alla gente di contribuire al design, all’architettura, al progresso e alla vita della loro stessa comunità, all’educazione, alle attività culturali, al business e, alla fine, al loro stile di vita, che dovrebbe essere sensibilizzato e ampliato attraverso il processo creativo della partecipazione. Questo è un modo per le persone di diventare spiritualmente LIBERI, e la libertà include sempre la CREATIVITÁ, e la creatività include sempre la RESPONSABILITÁ, e tutto questo innalza la coscienza collettiva attraverso le autentiche esperienze di apprendimento con la vita vissuta. Ciò comprende quello che ci accade e quello che accadrà. Invece, nella nostra situazione attuale abbiamo un asservimento politico-aziendale ad una tecnocrazia piegata a allattare col suo capezzolo la gente che ha pero il suo coraggio creativo, attraverso momenti di educazione industrializzante e d’indottrinamento politico. E noi abbiamo una società che è divenuta compiacente, che si accontenta di succhiare questo latte artificiale, anche se a volte vengono alimentati con del latte avvelenato; le menzogne, i rigidi schemi mentali, il mercato, l’ordine del giorno politicamente corretto che invece è scorretto, i piani militari ed economici, gli innaturali sentimenti di nazionalismo legati con contorte radici alla propaganda basata sulla paura. Sto parlando di un ritorno alla libertà creativa e alla responsabilità dell’individuo e della comunità come appartenenti integrati.




9) Com'è stata la tua esperienza artistica con Ernst Fuchs?


La tua domanda mi ricorda le più significative parole che ho sentito dal mio mentore, Ernst Fuchs, che disse: “l’artista viene chiamato esattamente come un profeta”.

Più importante della conoscenza dei vecchi maestri che ha diviso con me, è stato l’istillarmi un atteggiamento, che l’arte è nobile, infatti, perché si tratta di un nobile servizio al divino. Come qualsiasi ragazzo americano di 19-20 anni a Vienna, quello dello studio con i grandi maestri era stato infatti uno dei più magici e mistici periodi della mia vita. Quel tempo sarà per me sempre un onore e una ricchezza. Ernst era il mio padre artistico e rinforzò la mia creatività con la mistica, mentre divideva la sua conoscenza dei vecchi maestri con me. Ha suscitato in me la fiamma e alimentato un onorevole percezione dell'attività artistica come pratica sacra e mistica. Quest'esperienza fu inestimabile e magica.

Adesso, il mio stimato mentore è un mistico cristiano nella sua pratica e nell’arte, e io rispetto le sue credenze. Comunque non posso ignorare il fatto che tutti i miei studi e le mie ricerche spirituali mi hanno portato alla conclusione che tutti i percorsi contengano alcune parziali verità. Nel perseguimento della filosofia e dell’arte, nella ricerca di trovarsi nella condizione d’illuminazione, è bene esercitare una speciale intelligenza liberata nella quale la mente umana si senta libera e lo spirito possa salire. Non ristretta da limitazioni del temporale e del particolare, l’arte non riconosce leggi tranne quelle che governano il proprio ragionamento o la realtà creata. Quest’attività disinteressata, nella quale la ricerca esplora liberamente il funzionamento della mente, è un bene enorme. Apre le porte dell’ispirazione, ed è in mezzo alle più grandi esperienze che un essere umano possa guadagnare e godere. Questa è l’attività della mistica artistica moderna e potrebbe essere l’attività collaborativi e associata delle istituzioni culturali. L’arte è un’abilità nobile, la progenie del materiale mentale dll’uomo mortale, ispirata da un telaio cosmico che porta il tessuto sul quale il piccolo “io” tesse il modello del carattere universale con il supremo sé, il grande “IO”, il suo valore è duraturo e di espressione spirituale.

Gli artisti servono come occhi dell’anima. Nella misure in cui l’evolversi diventa permeato dalla verità, bellezza e bontà come valori di realizzazione di una coscienza illuminata, e questo vale per ciascuno di noi, non solo per gli artisti, tale risultato può essere una forza d’indistruttibile amore. Non credo che l’artista sia un tipo speciale di persona, ma che ogni persona è un tipo speciale d’artista e tutti sono soggetti ai medesimi compiti spirituali. Se un’anima non cerca valori eterni e amore, allora l’esistenza mortale è senza significato e la vita stessa diventa un’inevitabile e tragica illusione. Ultimamente credo che il mio vecchio mentore e amico concorderebbe con me sul fatto che tutti gli artisti dovrebbero lavorare per Amore e al servizio solo dell’Uno, dell’Illuminazione che illumina il Mistero. Un famoso aforisma del filosofo Herbert Spencer è una definizione della nostra meravigliosa associazione alla divinità:



“Dio è intelligenza infinita, infinitamente diversificata attraverso il tempo infinito e lo spazio infinito, manifestandosi attraverso un’infinità d’individualità che si evolvono sempre”.




10) Hai visitato e insegnato in Italia. Cosa ne pensi del nostro contesto culturale?


Di tutti i posti che ho visitato sulla Terra, l’Italia è quella che amo di più e il posto che mi piacerebbe chiamare finalmente “casa”.

Benedetto Croce, è uno che ha delineato il ruolo dell’intuizione e dell’ispirazione nell’arte nelle sue estremamente profonde dottrine filosofiche. Croce, un filosofo italiano dei primi del Novecento, è l’architetto fondatore del moderno sistema dell’educazione artistica in Italia, tuttora è in vigore in tutte le università di questa nazione. Lo studente d’arte in Italia deve anche, attualmente, studiare ugualmente sia la filosofia che le arti, poiché Croce vide che questi due percorsi erano come due facce della stessa moneta. Il suo approccio filosofico all’ispirazione a all’arte è trasmettere ciò che l’arte è e ciò che non è, citando il regno del sentimento come apice e porta verso l’espressione intuitiva , non diversamente dall'alunno vedantico che esclama:"neti-neti", non questo – non quello! Questo filosofo occidentale, cioè Croce, concepisce l’estetica come una linguistica generale, perchè il suo studio riguarda tutti i mezzi espressivi, tutte le forme di costruzione simbolica, il paradigma di quello che è un universale linguaggio artistico. La posizione di Croce contiene chiaramente questa dottrina e il suo “circolo dell’attività spirituale” è, secondo me, un accurato inizio per la descrizione di un’ “Arte Integrale”. Nella sua analisi dell’intuizione, Croce identifica lo spirito con l’espressione artistica e sostiene che l’esternare l’intuizione è secondario rispetto al suo apparire alla coscienza dell’artista. È in questo terreno che l’espressione è significativa, al di là della sua incarnazione o proiezione in un’opera d’arte. Con questo risultato l’arte diventa “un simbolo del sentimento”, della Natura, dell’anima e di Dio.

Trovo l’Italia un posto dove sono più ispirato. La sua ricca storia, i suoi innumerevoli capolavori, l’architettura, la gente e i paesaggi sono risorse preziose per il mondo. L’amo. Nell’estate del 2008 sono tornato in Italia per insegnare, questa volta a Papiano, in provincia di Perugia.




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(Sabrina Abeni)