mercoledì 24 dicembre 2014

Le vere gothic ladies: Shirley Jackson

Shirley Jackson un'autrice che può essere considerata uno dei capisaldi della letteratura fantastica/horror contemporanea, che ha influenzato notissimi scrittori Richard Matheson e Stephen King.
Una delle sue opere più note è il raggelante racconto La lotteria, che dimostra come con gran classe e senza alcun barocchismo cruento si possa turbare l'animo; questa storia introdurrà il motivo del sacrificio propiziatorio e dell'orrore celato nelle piccole comunità che ispirerà opere come Ritual di David Pinner (da cui sarà tratto il film culto The Wicker Man) e i Figli del grano di Stephen King.
Inoltre è l'autrice di L'incubo di Hill House, considerato un capolavoro della narrativa horror e non solo, ed è stato spesso avvicinato al Giro di vite di Henry James per affinità di temi e di soluzioni narrative. Nel suo saggio Danse macabre, Stephen King ha trattato diffusamente del romanzo, dichiarandolo come una delle sue maggiori influenze. Il libro ha avuto due adattamenti cinematografici: Gli invasati (The Haunting), di Robert Wise, nel 1963 e Haunting - Presenze (The Haunting), di Jan de Bont, nel 1999.




Shirley Jackson nasce a San Francisco nel 1916. Proveniente da una famiglia della medio borghesia la Jackson crebbe in una piccola cittadina di provincia che fornirà l'ispirazione per il suo prima romanzo The Road Through the Wall (1948). Durante il liceo si trasferì con la famiglia a New York, dove completò gli studi per poi frequentare il college a Rochester e, successivamente, alla Syracuse University. Fu qui che, tramite la partecipazione al giornale dell'università conobbe il futuro marito, Stanley Edgar Hyman, destinato a diventare un famoso critico letterario, con cui si sposerà nel 1940.
Dopo il matrimonio la coppia si trasferisce in Vermont dove Hyman inizia a insegnare e la Jackson intraprende l'attività di scrittrice a tempo pieno, affiancandola a quella di mamma visto che la coppia negli anni ha avuto 4 figli, destinati tutti ad una piccola fetta di celebrità perché l'autrice si divertiva a usarli come fonti di ispirazione per alcuni dei suoi racconti. La Jackson scrisse e pubblicò anche opere per bambini come Nine Magic Wishes e la commedia The Bad Children, ispirata alla favola di Hansel e Gretel. Ancora più famosa, fra questo tipo di produzione è però l'opera Vita fra i selvaggi (Life Among the Savages, 1963), dove raccontò romanzandola la storia del suo matrimonio e le sue esperienze nell'allevare quattro pargoli.
La celebrità, ad oggi, rimane però legata alle storie di paura e in particolare al racconto La Lotteria che suscitò enorme scalpore quando venne pubblicato nel 1948 per aver osato rispolverare un rito antico e violento ambientandolo in una piccola comunità dell'America benpensante. Nonostante in molti abbiano tentato di attribuire le ragioni delle tematiche violente e spaventose scelte dalla Jackson alle sue personali idiosincrasie e ad una sua presunta instabilità, la verità è che l'intenzione dell'autrice non era altro che quella di mostrare il lato barbaro e crudele della società a lei contemporanea che cercava di ignorare lo shock dei campi di concentramento e delle bombe atomiche.
L'autrice morì di attacco cardiaco a soli 48 anni, la salute minata da problemi di peso e dall'abuso di farmaci prescritti per curare malattie prevalentemente psicosomatiche.


Incipit di La Lotteria

La mattina del 27 giugno si levò chiara e piena di sole, con il calore di una bella giornata estiva; i prati erano pieni di fiori e l'erba era già alta. Gli abitanti del villaggio cominciarono a radunarsi nella piazza, tra l'uffico po-stale e la banca, verso le dieci.
In alcune città gli abitanti erano così numerosi che la lotteria durava due giorni e doveva iniziare il 26 giugno, ma in quel villaggio, dove gli abitanti erano solo trecento, l'intera lotteria richiedeva meno di due ore: iniziava alle dieci del mattino e finiva in tempo per l'ora di pranzo.

I primi ad accorrere, come sempre, furono i bambini. La scuola era finita, e molti ragazzi non si trovavano a proprio agio, in tanta libertà; tendevano a riunirsi in silenzio per qualche minuto, per poi mettersi a gridare e a parlare di scuola e di insegnanti, di libri e di brutti voti.

martedì 23 dicembre 2014

Le vere gothic ladies: Eudora Welty

Nell'opera di Eudora Welty alcune tematiche gotiche, come la tipica atmosfera, i temi della prigionia e della fuga, la figura femminile perseguitata, incontrano l'ambientazione del sud degli Stati Uniti, avvicinandola al genere del Southern Gothic, sebbene la scrittrice abbia sempre rifiutato di essere inclusa in esso, forse per timore di cadere in alcuni suoi stereotipi.
Tra le sue opere troviamo The Robber Bridegroom (Lo sposo brigante), riscritura della fiaba omonima; The Optimist's Daughter (La figlia dell'ottimista), vincitore del premio Pulitzer nel 1973; la raccolta di racconti A Curtain of Green and Other Stories (Un sipario di verde).


Nata a Jackson, nel Mississippi, da Christian Webb Welty e Chestina Andrews, ha studiato al "Mississippi College for Women" e si è poi trasferita all'Università del Wisconsin, dove si è laureata nel 1929. Dopo aver studiato "Linguaggio pubblicitario" per un anno presso la Columbia University, alla morte del padre (1931), che era un appassionato fotografo dilettante, tornò a casa, dove cominciò a lavorare in una radio e poi come agente pubblicitario, viaggiando per gli Stati Uniti del sud, in particolare nel Mississippi.
Durante il tempo libero si appassionò di fotografia, facendo il ritratto delle classi più povere durante la grande depressione che seguì la crisi del 1929. Alcune sue foto le ispirarono quindi dei racconti, come per esempio Why I Live at the Post Office basato sul ritratto di una donna che stira da lei fatto sul retro di un ufficio postale.
Contemporaneamente i suoi racconti cominciarono a uscire su diverse riviste. Il suo primo racconto (Death of a Traveling Salesman) uscì nel 1936, stimolando interesse in Katherine Anne Porter che decise di aiutarla scrivendo la postfazione alla sua prima raccolta (A Curtain of Green, 1941). Il primo romanzo, The Robber Bridegroom uscì l'anno seguente. 
Faceva parte del "Fellowship of Southern Writers" (Sodalizio degli scrittori sudisti), fondato nel 1987 e ha tenuto corsi e seminari come ospite di diverse università e altre istituzioni.
Non si è mai sposata e non ha avuto figli. È morta a 92 anni, nel 2001, ed è stata sepolta al Greenwood Cemetery di Jackson, Mississippi.

lunedì 22 dicembre 2014

Le vere gothic ladies: Daphne du Maurier

La gothic lady oggi è Daphne du Maurier, autrice di diversi capolavori, tra i quali Rebecca, film da cui fu tratto l'omonimo film di Alfred Hitchcock.
L'opera può essere vista come una ripresa e sovversione del tema di Cenerentola, ricca di riferimenti alla psicanalisi freudiana intrecciati a elementi tipici del romanzo gotico, come il castello infestato, un villain sinistro, un paesaggio perturbante, un delitto nascosto e una donna folle.
La du Maurier ha infatti sviluppato in diverse sue opere i motivi del romanzo gotico.
Da uno dei suoi racconti, Gli uccelli, è stato tratto l'omonimo film di Hitchcock.


Daphne du Maurier nasce a Londra, il 13 maggio 1907.
I genitori di Daphne avevano entrambi un passato di attori teatrali. Gerald era stato anche impresario, la madre era Moriel Beaumont.
Ultima di tre sorelle, completa gli studi a Parigi e torna in Inghilterra, per seguire la famiglia in Cornovaglia, a Fowey.
Nel 1931, grazie anche all'aiuto di uno zio editore, Daphne pubblica il suo primo libro Spirito d'amore, decide di rimanere in quel luogo mentre gli altri tornano a Londra. Nel 1932 Daphne sposa sir Frederick Arthur Montagne Browning, componente dell'esercito (era un maggiore). Per la sua attività nel 1939 si trasferiscono ad Alessandria d'Egitto, qui scriverà Rebecca, la prima moglie, il suo romanzo più conosciuto.
Molti saranno i luoghi in cui il marito verrà assegnato ma non sempre lei lo seguirà. Nel 1943 tornano in Inghilterra e riesce ad affittare un maniero, a Menabilly, dove si stabilisce con i figli ma nel 1964 è costretta ad andarsene. Nel 1965 muore Frederick, e per queste notizie sceglie di vivere in solitudine. Dopo la sua morte, avvenuta il 19 aprile 1989, le ceneri vengono sparse, assecondando i suoi desideri, nei campi che circondano la sua ultima residenza.


venerdì 19 dicembre 2014

Le vere gothic ladies: Jean Rhys

Jean Rhys, pseudonimo di Ella Gwendolen Rees Williams, è stata una scrittrice britannica di origini caraibiche attiva nella metà del Novecento, a lungo trascurata nonostante il suo talento. Dal suo primo romanzo Quartetto, uscito nel 1928, verrà tratto il film di James Ivory, nel 1981, ma lei sarà morta da tre anni. Conoscerà il successo solo a 76 anni quando, nel 1966, verrà pubblicato Il grande mare dei sargassi.
Si tratta di un romanzo postcoloniale, prequel del famoso romanzo Jane Eyre di Charlotte Brontë. È chiaro che tratti la storia della prima Signora Rochester, Antoinette (Bertha) Mason, ma il nome di Rochester non appare mai nel romanzo.



La Rhys nacque nel 1890 in Dominica (un'ex colonia britannica nei Caraibi) da padre gallese e madre creola di origine scozzese. Si trasferì in Inghilterra all'età di sedici anni, dove intraprese una sfortunata carriera come corista. Negli anni venti si trasferì in Europa, viaggiando come un'artista bohémien e risiedendo occasionalmente a Parigi. Durante questo periodo, la Rhys visse praticamente in povertà, familiarizzando con l'arte e la letteratura modernista e sviluppando la dipendenza dall'alcol che l'accompagnò per il resto della sua vita. La sua esperienza con la società patriarcale e la sensazione di confusione durante questo periodo andranno a formare temi importanti nella sua opera. Le opere della Rhys sono centrate spesso sulla vita di donne strappate dalle proprie radici e lasciate morire secondo il capriccio di società a loro estranee, un'ovvia eco della sua stessa vita. Il suo stile è spesso citato per la capacità di fondere le tecniche moderniste alla sensibilità tipica delle Indie Occidentali. I suoi lavori furono soprattutto pubblicati e promossi da Ford Madox Ford. Diana Athill della casa editrice Andre Deutsch ebbe il merito di far tornare alla ribalta presso il grande pubblico gli scritti della Rhys ormai dimenticati e fu la responsabile della pubblicazione de Il grande mare dei Sargassi.
Dal 1919 al 1932 fu sposata con Jean Lenglet, dal quale ebbe anche un figlio.
Nel 1947 si sposò con Max Hamer.
Negli ultimi anni della sua vita la Rhys visse a Londra presso l'amico jazzista George Melly.
Morì il 14 maggio 1979 a Exeter, nel Devon, in Inghilterra.

giovedì 18 dicembre 2014

Le vere gothic ladies: Charlotte Perkins Gilman

Charlotte Perkins Gilman fu non solo una "gothic lady", ma anche una delle prime attiviste per la difesa dei diritti delle donne, divenuta un modello per le future generazioni di femministe. Il suo lavoro più noto è La carta da parati gialla, scritto dopo una psicosi post-parto, un racconto semibiografico, ritenuto per decenni un semplice racconto del terrore, è stato rivalutato negli anni Settanta, nell'ambito del pensiero femminista, al punto che l’autrice è assurta a icona del movimento femminista in America.
Il tema di questa short story, infatti, non è tanto la follia della protagonista, soggetta a una grave forma di depressione che la porterà a deliri allucinatori e finanche allo sdoppiamento di personalità, quanto piuttosto l’oppressione sociale, economica e linguistica della donna. 



I primi anni.
Charlotte nacque il 3 luglio 1860 a  Hartford, Connecticut, da Mary Perkins (prima Mary Fitch Westcott) e Frederic Beecher Perkins.
Il padre abbandonò la famiglia lasciandola nell'indigenza, finchè la madre non fu in grado di mantenere i figli essi furono spesso a casa delle zie paterne, Isabella Beecher Hooker, una suffragetta, Harriet Beecher Stowe (autrice della Capanna dello zio Tom) e Catharine Beecher.
A cinque anni imparò da sola a leggere perché la madre era malata. Il rapporto della madre con i figli fu sempre molto difficile, per proteggerli proibì loro di avere amicizie e leggere libri di narrativa. Nella sua autobiografia, The Living of Charlotte Perkins Gilman, la Gilman racconta che la madre le dimostrava affetto solo quando pensava dormisse. Sebbene abbia vissuto la propria infanzia nella solitudine e nella povertà, visitava spesso la libreria pubblica e studiava da autodidatta le civiltà antiche. Inoltre l'amore paterno per la letteratura l'aveva influenzata, tanto che anni dopo lui l'avrebbe contattata con una lista di libri che sarebbero stati meritevoli,secondo la sua opinione, d'essere letti.La Gilman trascorse gran parte della propria giovinezza a Providende, Rhode Island. Ebbe soprattutto amici di sesso maschile e non si vergognava di definirsi un "maschiaccio". Frequentò sette diverse scuole pubbliche e fu studente per corrispondenza della Society to Encourage Studies at Home, ma studiò solo fino ai quindici anni. La sua intelligenza naturale e il desiderio di conoscenza impressionarono sempre i suoi insegnanti, ma ebbe comunque delle difficoltà in quanto studentessa povera. La sua materia preferita era la filosofia naturale, conosciuta in seguito come fisica. Nel 1878, a diciotto anni, si iscrisse  al  Rhode Island School of Design, e divenne in seguito una realizzatrice di figurine. Insegnò e incoraggiò gli altri a espandere la propria creatività artistica. Fu anche pittrice.
Nel 1884 sposò Charles Walter Stetson, di cui inizialmente aveva declinato la proposta di matrimonio perché un presentimento le aveva suggerito che non fosse la scelta giusta per lei. La loro unica figlia,  Katharine Beecher Stetson, nacque l'anno seguente. Charlotte Perkins Gilman soffrì di una grave depressione post-partum, un mese dopo la nascita di Katharine. Quella era un'epoca in cui le donne erano considerate esseri per natura isterici e nervosi; quindi una donna dichiarata d'essere seriamente malata dopo avere partorito non veniva presa sul serio. Nel 1888, Charlotte si separò dal marito, un fatto raro nel XIX secolo, ma questa decisione fu importante per la sua saluta mentale. Divorziò legalmente nel 1894 e, con la figlia, andò a vivere a Pasadena, in California, dove divenne membro attivo di diverse organizzazioni femministi e riformiste, come The Pacific Coast Woman's Press Association, Woman's Alliance, Economic Club, Ebell Society, Parents Association e State Council of Women, inoltre scrisse e collaborò col  Bulletin, un giornale di una di queste associazioni. 
Nel 1894 la Gilman mandò la figlia a vivere col padre e la sua seconda moglie Grace Ellery Channing, una sua cara amica. Nelle sue memorie la Gilman raccontò di essere stata felice per la coppia, poichè la "seconda madre" di Katharine "era buona come la prima e forse migliore in molti lati". La Gilman aveva idee progressiste a proposito dei diritti paterni e la consapevolezza che il suo ex marito avesse il diritto di vedere la figlia e Katharine lo avesse di conoscere e amare il padre. Dopo la morte della madre, nel 1893, la Gilman decise di tornare a est per la prima volta dopo otto anni. Contattò Houghton Gilman, suo cugino che non aveva visto da quindici anni, con cui ebbe successivamente una relazione e si sposò nel 1900. La Gilman perse il marito nel 1934, a causa di un'emorragia cerebrale, in seguito ritornò a Pasadena, dove viveva la figlia. Due anni prima le era stato diagnosticato un cancro incurabile al seno, sostenitrice dell'eutanasia per i malati terminali, si suicidò il 17 agosto 1935, con un'overdose di cloroformio. Lasciò come ultimo messaggio l'affermazione di aver "preferito il cloroformio al cancro", e pare sia morta velocemente e tranquillamente.

La carta da parati gialla
Sebbene non sia né il suo primo lavoro, né il più lungo, questo racconto è indubbiamente la più nota opera della Gilman. Fu scritto tra il 6 e il 7 giugno del 1890, nella sua casa di Pasadena, e pubblicato un anno e mezzo dopo in The New England Magazine.
In seguito è stato pubblicato in diverse raccolte di scrittrici femministe, di letteratura americana e libri di testo. La storia è quella di una donna che soffre di una malattia mentale e che, per questo motivo, è stata rinchiusa in una stanza dal marito, per il suo bene. Sviluppa dunque un'ossessione per una pessima carta da parati gialla. La Gilman scrisse questa storia per aprire gli occhi alla gente riguardo al ruolo delle donne nella società, mostrando come la mancanza di autonomia sia la causa di ogni loro disagio mentale, emozionale e fisico. Il marito della protagonista è un medico e pensa di risolvere il problema solo con il trattamento farmacologico, senza darle ciò di cui ella ha realmente bisogno, come lo stimolo mentale e la libertà di fuggire alla monotonia di quella stanza in cui è confinata. La carta da parati gialla è soprattutto una risposta a quel medico, Dr.S. Weir Mitchell, che provò a curare la depressione della Gilman con la "terapia del riposo"; infatti gli spedì una copia del racconto.

Altre opere.
Il primo libro della Gilman fu Art Gems for the Home and Fireside (1888); comunque fu la sua prima raccolta di poesie, In This World (1893), una collezione di scritti satirici, a darle la notorietà. Nelle due successive decadi fu famosa per i suoi interventi sui diritti umani e delle donne e sulle riforme sociali. Nel 1898 scrisse Women and Economics. Quest'opera le diede la notorietà internazionale.Nel 1903 scrisse l'opera più acclamata dalla critica, The Home: Its Work and Influence, riprendendo i temi di Women and Economics, denunciò lo stato di confinamento delle donne in casa e la necessità di dare loro più autonomia per il loro benessere mentale. Ebbe un giornale, The Forerunner, in cui scrisse e di cui curò anche la pubblicazione. Qui furono pubblicati molti suoi racconti, come What Diantha Did(1910), The Crux (1911), Moving the Mountain (1911), ed Herland.  Scrisse inoltre articoli per Louisville HeraldThe Baltimore Sun  e Buffalo Evening News. La sua autobiografia,The Living of Charlotte Perkins Gilman, iniziata nel 1925, fu pubblicata postuma nel 1935.


Incipit di La carta da parati gialla.
Accade molto di rado che gente comune come John e me prenda in affitto antiche case di campagna per le vacanze estive: una villa in stile coloniale, un podere tramandato di generazione in generazione... magari una casa infestata dagli spiriti oh sì!, e raggiungerei il culmine della felicità romantica... ma questo sarebbe chiedere troppo!
Ciononostante, e lo dico con orgoglio, la casa che abbiamo affittato ha qualcosa di strano.

lunedì 15 dicembre 2014

Le vere gothic ladies: Emily Brontë

Passiamo alla seconda delle sorelle Brontë, Emily, nota per aver scritto il romanzo Cime Tempestose, considerato uno dei classici della letteratura straniera, una tormentata storia appartenente al genere del “gothic novel”.



Nacque nel  1818 a Thornton in Inghilterra.
Aveva ben 6 fratelli, tra cui in particolare sono note le 2 sorelle, divenute scrittrici come lei, Anne e Charlotte. La sua vita trascorse principalmente ad Haworth dove la famiglia si trasferì già nel 1820. Negli anni 2 dei fratelli Brontë muoiono in giovane età e muore anche la madre di Emily Bronte. Dopo questi avvenimenti nascono i primi racconti dei fratelli sopravvissuti. Sembra che nello stile narrativo di Emily abbia avuto molta influenza la tata Tabitha, perché lei spesso le raccontava storie di fantasmi. Negli anni successivi al 1830 nascono le poesie di Emily Brontë, a noi ne sono giunte circa 200. Nel 1845 la sorella Charlotte convince Emily a pubblicare insieme e con la sorella Anne le loro poesie usando degli pseudonimi. La pubblicazione riuscì a vendere solo 2 copie. Ma fu nel 1847 che venne pubblicato il romanzo più famoso di Emily, Cime Tempestose, mentre la sorella Anne pubblicava Agnes Grey. Poco prima era stato pubblicato il romanzo di Charlotte, Jane Eyre, che ottenne un grande successo. Al contrario, Cime Tempestose fu molto criticato: mancava un fine morale, inoltre la vicenda narrata apparve troppo cupa e triste; fu definita dai critici un’opera ‘perversa e brutale’, e sembrava quasi impossibile che una "sensibilità femminile" potesse averla concepita, facendo addirittura nascere il dubbio che fosse stata scritta dal fratello Patrick.
Di lì a poco morì il fratello delle 3 sorelle Brontë e nel corso del suo funerale Emily si ammalò di tubercolosi. La morte la colse nel dicembre del 1848.


Incipit di Cime tempestose.

1801. — Sono appena ritornato da una visita al mio padrone di casa, il solo vicino col quale avrò a che fare. Questa è indubbiamente una bella contrada. Credo che in tutta l'Inghilterra non avrei potuto scegliermi un altro posto più lontano dal frastuono della società. È il paradiso del perfetto misantropo; e il signor Heathcliff ed io siamo fatti apposta per una simile desolazione. Un uomo veramente singolare! Non immaginava certo quale viva simpatia sentissi per lui quando vidi i suoi occhi neri ritrarsi così sospettosamente sotto le ciglia al mio avanzare a cavallo, e le sue mani rifugiarsi ancor più addentro nel panciotto, con gelosa risolutezza, all'annuncio del mio nome.
«Il signor Heathcliff» dissi.

domenica 14 dicembre 2014

Le vere gothic ladies: Charlotte Brontë

Charlotte Brontë, la maggiore delle sorelle Brontë, col suo romanzo Jane Eyre ha ritratto un tipo di eroina diversa dai soliti romanzi gotici, una giovane donna che, pur innamorandosi di un personaggio maschile tipicamente byroniano, mostra d'essere indipendente, anticonvenzionale, in grado di affrontare da sola le avversità, aggiungendo un nuovo tassello al genere gotico.


Nata nel 1816, figlia di un ecclesiastico irlandese, nel 1820 si stabilì con la famiglia a Haworth, nella regione delle brughiere. Fin dall'infanzia Charlotte, lasciata sovente a se stessa, insieme con le sorelle Emily e Anne e al fratello Branwell, creò con loro un mondo immaginario, sul quale i ragazzi costruirono complicati cicli di storie infantili. Studiò in modo irregolare presso due collegi, nel secondo dei quali tornò poi come insegnante dal 1835 al 1838. Dopo aver lavorato per un breve periodo come istitutrice, si recò a Bruxelles e qui, nel 1843, insegnò in una scuola. Tornata a Haworth, nel 1854 sposò il coadiutore del padre, A.B. Nicholls, e cominciò a scrivere romanzi: il primo, Il professore (The professor), fu pubblicato solo nel 1859, mentre il secondo, Jane Eyre (1847), ebbe un successo immediato: ma parte della critica restò scandalizzata dalla descrizione della passione amorosa della protagonista, una donna rispettabile. Seguirono Shirley (1849) e Villette (1852), quest’ultimo, come Il professore, parzialmente autobiografico. Morirà nel 1855, quando sarà in attesa del primo figlio.



Incipit di Jane Eyre

In quel giorno era impossibile passeggiare. La mattina avevamo errato per un'ora nel boschetto spogliato di foglie, ma dopo pranzo (quando non vi erano invitati, la signora Reed desinava presto), il vento gelato d'inverno aveva portato seco nubi così scure e una pioggia così penetrante, che non si poteva pensare a nessuna escursione.
Ne ero contenta. Non mi sono mai piaciute le lunghe passeggiate, sopra tutto col freddo, ed era cosa penosa per me di tornar di notte con le mani e i piedi gelati, col cuore amareggiato dalle sgridate di Bessie, la bambinaia, e con lo spirito abbattuto dalla coscienza della mia inferiorità fisica di fronte a Eliza, a John e a Georgiana Reed.

sabato 13 dicembre 2014

Le vere gothic ladies: Mary Wollstonecraft Shelley, precorritrice della fantascienza

Ed eccoci arrivati alla gothic lady per eccellenza, Mary Shelley, precorritrice di un genere a lungo tempo considerato tipicamente "maschile", la fantascienza. Fece parte dell'"allegra" combriccola di Ginevra da cui nacquero due figure leggendaria delle letteratura gotica: il mostro di Frankenstein (da lei ideato) e il vampiro (dal racconto di Polidori).



La scrittrice inglese Mary Shelley nasce a Londra il 30 agosto 1797 dal filosofo William Godwin, uno degli esponenti più importanti del razionalismo anarchico, e da Mary Wollstonecraft, donna forte e determinata fra i primi personaggi della sua epoca a promuovere i diritti della donna. Purtroppo, questa madre così eccezionale che avrebbe potuto sicuramente dare tantissimo alla figlia, morì poco dopo il parto. Godwin si risposerà nel 1821 con una vedova sua conoscente e madre di due figli, la signora Clairmont.

Mary invece incontra durante un soggiorno in Scozia il giovane e geniale poeta ribelle Percy Bysshe Shelley, che sposa nel 1816, appena diciannovenne e dopo una rocambolesca fuga in Svizzera. Alle spalle del poeta si nascondeva una tragedia poiché aveva già perso una prima moglie, Harriet Westbrook, morta suicida e causa della rottura dei suoi rapporti col padre, che non avrebbe mai più visto. L'eccessivo e inquieto poeta inglese diverrà poi celebre per il racconto "La regina Mab" e per il dramma lirico "Prometeo liberato". Con lui viaggia in Francia, Germania e Olanda.

Nel 1822, dopo essersi trasferiti a La Spezia, Percy Shelley ed un amico, marito di un'amica comune, partono alla volta di Genova: i due non torneranno più; il corpo del poeta viene rinvenuto tra i flutti il 15 luglio.

Tornata a Londra dopo la morte del febbrile marito, Mary vive in Inghilterra con i proventi del proprio lavoro di scrittrice professionista. Autrice di vari romanzi, diverrà famosa soprattutto per "Frankenstein o il Prometeo moderno", il suo primo libro scritto nel 1818 e nato quasi per gioco, ossia quando Byron, durante un soggiorno estivo con gli Shelley e il fido Polidori a Ginevra, suggerì che ciascuno di loro scrivesse un racconto dell'orrore, racconto che poi ognuno avrebbe letto agli altri come passatempo serale. Shelley compose un'opera breve intitolata "The Assassins", Byron scrisse il racconto "The burial" (che poi venne pubblicato nel 1819 con il titolo "A fragment") mentre Polidori creò la romantica figura di un vampiro affascinante e misterioso, con il romanzo breve "The vampire"; Mary scrisse invece Frankenstein, dopo averlo sognato in un terribile incubo (così almeno narra la leggenda). Il soggetto è comunque palesemente ispirato al mito antichissimo dell'uomo creatore della vita (ma anche alle "Metamorfosi" di Ovidio e al "Paradiso perduto" di Milton), ma in cui al prodigio si sostituiscono chimica e galvanismo.

Il libro tratta la storia di un giovane svizzero studioso di filosofia naturale che, servendosi di parti anatomiche sottratte a vari cadaveri, costruisce una creatura mostruosa, cui riesce con procedimenti di cui lui solo ha il segreto a infondere la scintilla della vita. Malgrado l'aspetto terrificante la creatura si rivela la quintessenza della bontà di cuore e della mitezza d'animo. Ma quando si accorge del disgusto e della paura che suscita negli altri, la sua natura, incline alla bontà, subisce una totale trasformazione ed egli diviene un'autentica furia distruttiva; dopo molti delitti finisce per uccidere anche il suo creatore.

Brian W. Aldiss, critico inglese e scrittore egli stesso di fantascienza, pone alla base della moderna Fantascienza proprio il romanzo di Mary Shelley ed è indubbio che tutte le storie scritte in seguito e basate sul binomio Creatore-Creatura viaggino sulla falsariga di "Frankenstein".

A Mary Shelley si devono naturalmente anche altre opere, alcune della quali precorrono anch'esse temi tipicamente fantascientifici (come "L'ultimo uomo", un romanzo che narra dell'unico superstite di una terribile epidemia che ha cancellato l'intera umanità), novelle che però non raggiunsero mai la fama della sua opera prima.

Il successo di quel suo primo libro, che ha goduto di costante fortuna ed è stato oggetto di innumerevoli imitazioni, si deve alla quantità di domande e di dubbi etico-filosofici che è in grado di sollevare, quali le speculazioni sulle origini della vita, il ruolo ambiguo della scienza, spesso inconsapevole creatrice di "mostri", il problema della bontà e creatività originaria dell'uomo, in seguito corrotto dalla società, e così via.

Una nota inquietante della vita di Mary Shelley è ricavata dalla tragica fine che quasi tutti i partecipanti a quelle serate ginevrine fecero: Percy Shelley, come detto, morì annegato a causa di un naufragio, Byron morì giovanissimo a Missolungi, Polidori si suicidò... Mary invece, dopo una tormentata esistenza (che dopo il successo e la morte del marito proseguì infarcita di scandali, difficoltà economiche e amori respinti), morirà a Londra il giorno 1 febbraio 1851, dopo aver condotto una serena vecchiaia in compagnia dell'unico figlio rimastole La scrittrice inglese Mary Shelley nasce a Londra il 30 agosto 1797 dal filosofo William Godwin, uno degli esponenti più importanti del razionalismo anarchico, e da Mary Wollstonecraft, donna forte e determinata fra i primi personaggi della sua epoca a promuovere i diritti della donna. Purtroppo, questa madre così eccezionale che avrebbe potuto sicuramente dare tantissimo alla figlia, morì poco dopo il parto. Godwin si risposerà nel 1821 con una vedova sua conoscente e madre di due figli, la signora Clairmont. Mary invece incontra durante un soggiorno in Scozia il giovane e geniale poeta ribelle Percy Bysshe Shelley, che sposa nel 1816, appena diciannovenne e dopo una rocambolesca fuga in Svizzera. Alle spalle del poeta si nascondeva una tragedia poiché aveva già perso una prima moglie, Harriet Westbrook, morta suicida e causa della rottura dei suoi rapporti col padre, che non avrebbe mai più visto. L'eccessivo e inquieto poeta inglese diverrà poi celebre per il racconto "La regina Mab" e per il dramma lirico "Prometeo liberato". Con lui viaggia in Francia, Germania e Olanda. Nel 1822, dopo essersi trasferiti a La Spezia, Percy Shelley ed un amico, marito di un'amica comune, partono alla volta di Genova: i due non torneranno più; il corpo del poeta viene rinvenuto tra i flutti il 15 luglio. Tornata a Londra dopo la morte del febbrile marito, Mary vive in Inghilterra con i proventi del proprio lavoro di scrittrice professionista. Autrice di vari romanzi, diverrà famosa soprattutto per "Frankenstein o il Prometeo moderno", il suo primo libro scritto nel 1818 e nato quasi per gioco, ossia quando Byron, durante un soggiorno estivo con gli Shelley e il fido Polidori a Ginevra, suggerì che ciascuno di loro scrivesse un racconto dell'orrore, racconto che poi ognuno avrebbe letto agli altri come passatempo serale. Shelley compose un'opera breve intitolata "The Assassins", Byron scrisse il racconto "The burial" (che poi venne pubblicato nel 1819 con il titolo "A fragment") mentre Polidori creò la romantica figura di un vampiro affascinante e misterioso, con il romanzo breve "The vampire"; Mary scrisse invece Frankenstein, dopo averlo sognato in un terribile incubo (così almeno narra la leggenda). Il soggetto è comunque palesemente ispirato al mito antichissimo dell'uomo creatore della vita (ma anche alle "Metamorfosi" di Ovidio e al "Paradiso perduto" di Milton), ma in cui al prodigio si sostituiscono chimica e galvanismo. Il libro tratta la storia di un giovane svizzero studioso di filosofia naturale che, servendosi di parti anatomiche sottratte a vari cadaveri, costruisce una creatura mostruosa, cui riesce con procedimenti di cui lui solo ha il segreto a infondere la scintilla della vita. Malgrado l'aspetto terrificante la creatura si rivela la quintessenza della bontà di cuore e della mitezza d'animo. Ma quando si accorge del disgusto e della paura che suscita negli altri, la sua natura, incline alla bontà, subisce una totale trasformazione ed egli diviene un'autentica furia distruttiva; dopo molti delitti finisce per uccidere anche il suo creatore. Brian W. Aldiss, critico inglese e scrittore egli stesso di fantascienza, pone alla base della moderna Fantascienza proprio il romanzo di Mary Shelley ed è indubbio che tutte le storie scritte in seguito e basate sul binomio Creatore-Creatura viaggino sulla falsariga di "Frankenstein". A Mary Shelley si devono naturalmente anche altre opere, alcune della quali precorrono anch'esse temi tipicamente fantascientifici (come "L'ultimo uomo", un romanzo che narra dell'unico superstite di una terribile epidemia che ha cancellato l'intera umanità), novelle che però non raggiunsero mai la fama della sua opera prima. Il successo di quel suo primo libro, che ha goduto di costante fortuna ed è stato oggetto di innumerevoli imitazioni, si deve alla quantità di domande e di dubbi etico-filosofici che è in grado di sollevare, quali le speculazioni sulle origini della vita, il ruolo ambiguo della scienza, spesso inconsapevole creatrice di "mostri", il problema della bontà e creatività originaria dell'uomo, in seguito corrotto dalla società, e così via. Una nota inquietante della vita di Mary Shelley è ricavata dalla tragica fine che quasi tutti i partecipanti a quelle serate ginevrine fecero: Percy Shelley, come detto, morì annegato a causa di un naufragio, Byron morì giovanissimo a Missolungi, Polidori si suicidò... Mary invece, dopo una tormentata esistenza (che dopo il successo e la morte del marito proseguì infarcita di scandali, difficoltà economiche e amori respinti), morirà a Londra il giorno 1 febbraio 1851, dopo aver condotto una serena vecchiaia in compagnia dell'unico figlio rimastole.


Incipit di Frankenstein

Alla Signora Saville, Inghilterra

Pietroburgo, 11 dicembre 17

Ti rallegrerai nell'apprendere che nessun disastro ha accompagnato l'inizio di un'impresa alla quale tu guardavi con tanti cattivi presentimenti. Sono arrivato qui ieri, e la prima preoccupazione è stata di rassicurarti, cara sorella, sul fatto che sto bene e che nutro fiducia crescente verso quanto ho intrapreso. Sono già molto più a nord di Londra, e mentre cammino per le strade di Pietroburgo sento una fredda brezza di settentrione che mi sfiora le guance, mi rinvigorisce i nervi e mi riempie di gioia. Puoi capire questo mio sentimento?

venerdì 12 dicembre 2014

Le vere gothic ladies: Charlotte Dacre

La gothic lady di oggi, Charlotte Dacre,  è stata per lungo tempo sconosciuta, nonostante il grande successo che conobbe nei suoi anni, destando l'ammirazione anche di Percy Bysshe Shelley, il quale ne stimava lo stile e le capacità creative.



Nasce nel 1782 come Charlotte King, figlia di John King, uno scrittore radicale ben conosciuto a Londra, Charlotte Dacre scrisse inizialmente con lo pseudonimo Rosa Matilda, e più tardi ne adottò un secondo per confondere i suoi critici. Dopo aver divorziato dalla madre, il padre si sistemò con la contessa di Lanesborough.

Nel 1806, alla morte della moglie del padre, si sposò con Nicholas Byrne, da cui aveva già avuto tre figli, un editore che sarebbe poi diventato un socio fondatore del quotidiano londinese The Morning Post, sulle cui pagine furono pubblicate le poesie della Dacre.

Come autrice di romanzi, Charlotte Dacre rappresenta le sue eroine in maniera piuttosto diversa da quanto fatto dai suoi contemporanei, che consideravano signore di buon gusto e decoro. Il sue stile era più vicino a quello di autori maschili, creando eroine femminili aggressive e spesso fisicamente violente, caratterizzate da forti desideri sessuali e ambizione, simili a quelle create dal De Sade.

Tra i suoi quattro romanzi principali, oggigiorno Zofloya è quello più conosciuto. Il romanzo vendette bene quando apparve nel 1806, e venne tradotto in tedesco e francese. In esso, un personaggio femminile segue, attacca brutalmente e infine uccide una ragazza che considera sua rivale sessuale. Nonostante la sua brutalità, la storia presenta la morale che le giovani donne devono essere in guardia contro i pericoli della lussuria.
Morì il 7 novembre 1825.

giovedì 11 dicembre 2014

Le vere gothic ladies: Clara Reeve

Clara Reeve ha scritto diversi romanzi, tra cui solo il romanzo gotico Il vecchio barone inglese (The Old English Baron, inizialmente chiamato The Champion of Virtue) per cui è ricordata e che ha influenzato la scrittura del Frankenstein di Mary Shelley.
Tra le sue altre opere vi sono il romanzo epistolare The School for Widows (1791), e la sua innovativa storia del romanzo, The Progress of Romance (1785), che viene generalmente considerato un precursore degli studi sulla nascita ed evoluzione del romanzo.



Clara Reeve nasce a Ipswich, Inghilterra, figlia del reverendo Willian Reeve.
Dopo la morte del padre, vive con la madre e le sorelle a Colchester. Nel 1777 pubblica Il vecchio barone inglese, prendendo come modello di riferimento Il Castello di Otranto di Horace Walpole; la prima edizione è dedicata alla figlia di Samuel Richardson, che l'aveva aiutata a revisionare e correggere il testo.
La Reeve ha condotto una vita ritirata, per cui poche sono le notizie biografiche pervenuteci. Muore a Ipswitch nel 1807.

mercoledì 10 dicembre 2014

Le vere gothic ladies: l'antesignana Ann Radcliffe

Inizia una rassegna giornaliera delle vere gothic ladies della letteratura, altro che la Meyer e le altre autrici degli odierni sciropposi romanzi pseudo gotici.
Ovviamente è doveroso cominciare da Ann Radcliffe, la prima signora della letteratura gotica.



Nata ad Holborn (Londra, Inghilterra) come Ann Ward, si sposò a 23 anni (nel 1787) con William Radcliffe, un giornalista dell'English Chronicle. Iniziò a scrivere racconti per divertimento e dietro incoraggiamento del marito.
Nel 1789 pubblicò The Castles of Athlin and Dunbayne, in cui è già presente l'atmosfera alla base della maggior parte dei suoi lavori, in particolare la tendenza a coinvolgere innocenti e giovani eroine nelle vicende descritte, che solitamente si svolgono in tenebrosi castelli governati da nobili dal passato misterioso.
Il romanzo della foresta
Le sue opere divennero estremamente popolari, specialmente tra le giovani lettrici che cercavano nei suoi libri qualcosa di più eccitante del ricamo. Tra le sue opere più conosciute ricordiamo Romanzo siciliano (1790), Il romanzo della foresta (1791), I misteri di Udolpho (1794) e L'italiano (1797).
Il successo de Il romanzo della foresta consacrò la Radcliffe come l'esponente più significativa del romanzo storico in chiave gotica. I suoi romanzi successivi furono accolti con grande entusiasmo e produssero un nutrito gruppo di imitatori. Alcuni grandi scrittori, inoltre, presero spunto dall'atmosfera in essi presente per ricrearla nei loro lavori. Questo successe a Jane Austen, estimatrice del filone gotico e delle opere della Radcliffe, in Northanger Abbey nel quale ritroviamo una parodia dell'opera I misteri di Udolpho ma non per disprezzarla quanto per ricordare l'importanza delle prime autrici di romanzi femminili di fine Settecento.


Incipit de I Misteri di Udolpho.

Ogni eccesso è peccaminoso: perfino un dolore in origine lodevole si trasforma in una passione ingiusta ed egoista se vi indulgiamo a spese dei nostri doveri, intendendo per tali quanto dobbiamo a noi stessi non meno che agli altri’
‘Che significa tutto ciò, Annette?’ chiese quando la raggiunse ‘Che cos’hai sentito dire di quel quadro per rifiutarti di restare quando io te lo ordino?’ ‘Non so cosa significhi, mademoiselle né so altro su quel quadro. Ho solo sentito dire che c’è qualcosa di terribile che lo riguarda e che da allora è sempre stato velato di nero e.. Nessuno lo guarda da anni. È in qualche modo collegato con il precedente proprietario del castello..’
‘Mia cara Emily non permettete alla madre badessa di contaminare la vostra mente con queste fantasie. Vi insegnerà ad aspettarvi che uno spettro faccia la sua comparsa in ogni stanza buia. Ma credetemi l’apparizione dei defunti non si verifica per motivi futili o scherzosi, per terrorizzare o sbalordire i pavidi’

martedì 9 dicembre 2014

Consigli di lettura: Revelations, antologia di fine millennio.


Segnaliamo un'antologia del 1999, Revelations, in cui vari rinomati autori horror contemporanei reinterpretano i vari decenni del '900 da una prospettiva "apocalittica".
Ne esce fuori una visione della storia come percorsa da continue apocalissi che caratterizzano i passaggi da un decennio all'altro, il tutto trova una sua compattezza grazie al racconto cornice di Clive Barker che lascia trapelare le inquietudini che avevano pervaso la fine dello scorso millennio.  
Gli autori sono:  Joe R. Lansdale, David Morrell, F. Paul Wilson, Poppy Z. Brite & Christa Faust, Charles L. Grant, Whitley Strieber, Elizabeth Massie, Richard Christian Matheson, David J. Schow & Craig Spector, Ramsey Campbell e naturalmente Clive Barker.
Tra i migliori racconti troviamo il suggestivo e poetico Chiliad di Barker, il tipicamente lasdaliano La grande burrasca, l'evocativo e sensuale Triade di Brite & Faust e La parola, di Campbell, un racconto che fa riflettere sugli inganni dell'editoria e dei media.

lunedì 8 dicembre 2014

Torbido gotico: Il Monaco di M.G.Lewis


Il Monaco di M.G. Lewis è un romanzo gotico particolarmente oscuro e cruento, scritto nel 1796 e ambientato in Spagna.
Diverse sono state le fonti d'ispirazione di quest'opera: il Ferdinand Count Fathom di Smollett, Le Diable Amorouse di Cazotte's , La Religieuse di Diderot e la Justine ou les Malheurs de la vertu di Sade e i romanzi gotici tedeschi.
Quando Il Monaco fu pubblicato l'autore aveva solo 20 anni, riscuotendo immediatamente un grande successo, accompagnato però da un grande scandalo che costrinse l'autore a pubblicare, nel 1798, una versione meno "scandalosa" dell'opera nella quale vengono tolte o censurate alcune delle situazioni più scabrose.
Il romanzo narra la caduta di Ambrosio, monaco spagnolo considerato da tutti un santo.
La sua discesa nel peccato comincia con Matilda, la femme fatale che lo seduce con l'inganno, fino a giungere a commettere peccati sempre più turpi.
In esso troviamo le figure tipiche del genere gotico: il monaco scellerato, la donna fatale e la fanciulla perseguitata (la giovane e innocente Antonia che susciterà il desiderio del monaco).
Inoltre è presente una vicenda parallela alla storia principale, la storia d'amore tra Ryamond e Agnes, raccontata dallo stesso Ryamond all'amico Lorenzo,, durante la quale compaiono figure tipiche del romanzo gotico come la Monaca Sanguinante e l'Ebreo errante.
Il romanzo, al momento della sua pubblicazione, ebbe un grande successo, anche se non mancò di suscitare molte critiche per via dei suoi contenuti scabrosi.
Risulta infatti essere uno delle opere gotiche più controverse per via dei temi che affronta, come l'ipocrisia dietro il perbenismo, la natura del desiderio, l'omicidio e l'incesto.
Coleridge espresse il suo apprezzamento  nei riguardi di quest'opera e anche il marchese de Sade lo definì un «capolavoro gotico», notevole per la sua violenta trasgressività.
Negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione comparvero inoltre molte opere che si rifacevano più o meno esplicitamente a Il Monaco: versioni ridotte (alcune anche a firma di Lewis), racconti tratti dal romanzo incentrati sulla vicenda di Ryamond e Agnes o sulla ballata di Alonzo e Imogine, drammi e balletti ispirati da parti dell'opera.
Nel corso del XIX secolo comunque il romanzo venne via via dimenticato e passò in secondo piano nel panorama letterario.
Negli anni trenta del Novecento Il monaco fu infine riscoperto dal movimento surrealista che ne condivide la carica trasgressiva e libertina. Artisti come Antonin Artaud e André Breton ne sono influenzati e citano in varie occasioni l'opera lewisiana nei loro scritti. È stato proprio grazie alla riscoperta surrealista che nel corso del XX secolo i critici sono tornati ad interessarsi de Il Monaco.
Nel 1972, da questo romanzo, è stato tratto il film di Ado Kyrou, con Franco Nero, Il Monaco, nel 2011 è stato invece tratto il film Le Moine di Dominik Moll con Vincent Cassel.

venerdì 5 dicembre 2014

IL REALISMO MAGICO IN LETTERATURA


Il realismo magico nella letteratura distingue un filone letterario in cui gli elementi magici appaiono in un contesto altrimenti realistico.
Più frequentemente si associa il termine al boom letterario dell'America Latina del XX secolo, segnato dalla pubblicazione del romanzo Cent'anni di solitudine di Gabriel García Márquez nel 1967, che viene considerato il testo fondamentale del realismo magico, insieme ai racconti di Jorge Luis Borge.
In realtà la definizione può essere utilizzata anche per autori di altre nazioni come Italo Calvino, Dino Buzzati, Angela Carter, Toni Morrison e Salman Rushdie, le cui opere presentano caratteristiche tipiche del genere, come la presenza, piuttosto celata, di un elemento magico mai spiegato, distorsioni temporali, inversioni, ciclicità o assenza di temporalità, inversione di causa ed effetto, ricchezza di descrizioni sensoriali, motivi tratti dalla leggenda e dal folklore, presenza di prospettive multiple, tema del colonialismo e degli incroci culturali.
Il realismo magico in letteratura compie un'ibridazione tra realtà e fantasia, tra passato e presente, con una forte componente metatestuale volta a coinvolgere il lettore sulla riflessione riguardo l'impatto della fiction sulla realtà.
Tale genere può infatti essere tipico di molta letteratura del postcolonialismo e può essere considerato come una sottocategoria del romanzo postmoderno a causa della sua sfida all'egemonia ed il suo utilizzo di tecniche simili a quelle di altri testi postmoderni, come la distorsione del tempo.

L'incipit di 'Cent'anni di solitudine'

Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendia si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era cosí recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito. ...

lunedì 1 dicembre 2014

IL REALISMO MAGICO NELL'ARTE


Il termine Realismo magico è stato utilizzato per definire, in periodi diversi, un'arte che utilizzava una tecnica estremamente "realista" per rappresentare degli scenari stranianti.
Per la prima volta fu utilizzato nel 1925 dal critico tedesco Franz Roh nei riguardi dei pittori appartenenti alla corrente classica della Nuova oggettività, che si ispiravano alle correnti italiane del ritorno all'ordine degli anni venti, come Novecento, Valori plastici e la Pittura metafisica di De Chirico.
Opere come quelle di De Chirico mostrano degli scenari immobili, incantati, immerso in una magica sospensione, a tratti inquietante.
Quando si parlò di "realismo magico" per la prima volta, si escludeva la presenza di elementi apertamente "fantastici", ma piuttosto si tendeva a ritrarre gli oggetti con maggiore accuratezza possibile, in modo che da soli svelassero l'elemento "magico" celato nelle pieghe del quotidiano.
Nel Nord Europa il realismo magico si è espresso con istanze di più carica ed intensa drammaticità, come in Christian Schad e nei pittori della Nuova oggettività. In questo senso, il termine Realismo magico viene spesso utilizzato come sinonimo di post-espressionismo o di pittura di Ritorno all'ordine con elementi surreali.
Ascrivibili a tale poetica visiva sono anche alcuni pittori americani degli anni trenta, come Ivan Albright, Paul Cadmus, George Tooker, influenzati in questo caso anche dal Precisionismo di Charles Sheeler e Georgia O'Keeffe e dall'opera di Edward Hopper.

In seguito questo termine è stato spesso utilizzato per indicare quei tipi di pittura in cui gli oggetti sono raffigurati con estremo naturalismo, ma che, grazie all'aggiunta di elementi surreali o paradossali, danno alla rappresentazione un effetto sottilmente misterioso, trasmettendo un senso di irrealtà.
In questo modo, a partire dalla metà del '900, il realismo magico si apre ad elementi più apertamente fantastici, con artisti come Paul Cadmus, Ivan Albright, George Tooker e Bettina Shaw-Lawrence.

Sotto la categoria del realismo magico possono essere incluse anche le opere di diversi artisti sudamericano come Frida Kahlo, Emilio Bas Viaud e Fernando Botero.
Attualmente l'interesse rinato per le tecniche pittoriche degli Antichi Maestri convive con l'utilizzo di nuovi media che permettono la creazioni di effetti contemporaneamente realistici e stranianti, per cui il realismo magico si esprime sia attraverso le tradizionali tecniche che tramite la computer grafica.