lunedì 16 novembre 2015

ERNST FUCHS: IL MAESTRO DEL REALISMO FANTASTICO


Una settimana fa ci ha lasciati un genio dell'arte visionaria, il maestro del realismo fantastico: Ernst Fuchs.
Purtroppo molti italiani si chiederanno chi fosse, con rammarico ho infatti scoperto che, sebbene goda di grande fama in patria e all'estero, è poco noto da noi.
Quindi queste righe serviranno a farlo conoscere e a far capire ciò ha rappresentato nell'arte contemporanea.
Ernst Fuchs nasce il 13 febbraio 1930 a Vienna, figlio unico di un commerciante di antiquariato ebreo e di una sarta cattolica, la madre riuscì a salvarlo dalle persecuzioni naziste.
Sarà accettato all'Accademia delle Belle Arti di Vienna a soli 15 anni, dove conoscerà Arik Brauer, Rudolf Hausner, Fritz Janschka, Wolfgang Hutter e Anton Lehmden, con questo gruppo di artisti fonderà la nota Wiener Schule des Phantastischen Realismus, in cui la tecnica mista dei maestri rinascimentali verrà utilizzata per rendere immagini più vivide e dettagliate.
Fuchs si trasferì a Parigi nel 1950, dove visse per 12 anni, durante i quali viaggiò in Italia, Spagna, Inghilterra e Stati Uniti.
Durante questi viaggi conobbe e fece amicizia con artisti come Salvador Dalì, Giorgio de Chirico e Jean Cocteau.
Tornò a Vienna nel 1961 e iniziò a scrivere una serie di libri sulla pittura.
Fu anche scenografo per produzioni come Il Flauto Magico e di Mozart e il Parsifal e il Lohengrin.
Nel 1972 acquista la villa di Otto Wagner, la restaura e vi fonda l'Ernst Fuchs Museum.
L'arte di Fuchs è nota per i suoi colori brillanti e la combinazione di temi allegorici e religiosi.
Fuchs fu anche influenzato da Gustav Klimt per quanto riguarda l'uso dei colori e gli sfondi elaborati.
A sua volta ha influenzato un artista come H.R. Giger, che lo riconobbe come una delle sue fonti di ispirazione.


 

lunedì 31 agosto 2015

MORTO WES CRAVEN, IL PADRE DI FREDDY KRUGER.


Wes Craven, creatore di cult horror come L'ultima casa a sinistra, Le colline hanno gli occhi, Nightmare e Scream, è morto ieri, nella sua casa a Los Angeles, a 76 anni per un cancro al cervello.
Il suo horror predilige gli ambienti quotidiani e si cela lì dove meno lo si aspetta.
Come ha affermato il regista:

Sono interessato a spaventare la gente a un livello profondo, non solo a farla saltare sulla sedia... I miei primi due film hanno fatto a pezzi tutti i luoghi comuni riguardanti le idee di come andava trattata la violenza al cinema. Prima la violenza cinematografica era gentile e pulita; io l'ho resa dolorosa, prolungata, scioccante e molto umana. E sono io che ho reso umani gli assassini.

Nato a Cleveland il 2 agosto 1939, si laurea in lettere e filosofia alla Johns Hopkins University.
Si appassiona in seguito di cinema e, pur trovando un lavoro stabile come insegnante alla Johns Hopkins, decide poco dopo di abbandonare l'insegnamento per dedicarsi all'attività cinematografica, facendo il tuttofare in una piccola casa di produzione.
Ispirandosi a Ingmar Bergman, il suo regista preferito, nel 1972 gira il suo primo vero film, L'ultima casa a sinistra, pellicola exploitation ispirata al classico del regista svedese La fontana della vergine. Pur girato con un budget esiguo, il film ha un certo impatto sul pubblico dell'epoca, specie per il suo stile realistico e sanguinario, estremo e cinico; ma non mancano le reazioni negative, specie da parte della critica che definisce il film "cinematograficamente inetto". A tutt'oggi, Craven si rifiuta di rivedere quest'opera, di cui quasi si pente, ma L'ultima casa a sinistra acquisterà col tempo lo statuto di cult. Il successo del film viene bissato, cinque anni dopo, dal successivo Le colline hanno gli occhi, altra pellicola poi diventata di culto.
Prima di Nightmare: dal profondo della notte, Craven ha scritto e diretto Benedizione mortale, una produzione Polygram Pictures per la United Artists. Il film mette in scena omicidi diabolici sullo sfondo dell'ambiente nel quale vivono le sette religiose del Midwest. Ha anche diretto e sceneggiato Il mostro della palude con Adrienne Barbeau e Louis Jourdan per la Avco-Embassy Pictures.
Nel 1984, il regista arriva all'apice della fama con Nightmare - Dal profondo della notte, un film ispirato fantasticamente ad un episodio di cronaca vera che darà inizio ad una fortunatissima saga e lancerà il personaggio di Freddy Krueger. In seguito, Craven gira numerosi film, tra cui Il serpente e l'arcobaleno, ispirato alla vita dell'antropologo Wade Davis, autore dell'omonimo libro.
In questo periodo Craven si dedica anche alla televisione. È datato 1978 il film che il regista ha diretto per la NBC TV, Summer of Fear, interpretato da Linda Blair e Carol Lawrence.
È del 1996 un altro grande successo di Craven, Scream, un horror da cui prendono spunto molti degli attuali teenager-horror movie. Il film ha un grande successo di pubblico, originando una saga che conta attualmente quattro episodi, tutti diretti da Craven. Il regista, nel frattempo, aveva abbandonato temporaneamente il genere horror con il film del 1999 La musica del cuore, pellicola di genere drammatico interpretata da Meryl Streep e Angela Bassett.
Dopo Cursed - Il maleficio (2004) e Red Eye (2005), negli ultimi anni Craven si è dedicato soprattutto alla produzione, producendo anche alcuni remake delle sue pellicole più famose, quali Le colline hanno gli occhi di Alexandre Aja (2006) e L'ultima casa a sinistra (2009) di Dennis Iliadis.
Nel 2011 ha ripreso una delle saghe che gli ha dato maggior successo, Scream: il 15 aprile 2011 è infatti uscito Scream 4, primo capitolo di una prevista nuova trilogia. Contrariamente alle intenzioni del regista, tuttavia, nel 2015 Bob Weinstein ha dichiarato che la saga non avrebbe visto più altri episodi. Sempre nel 2015, il fortunato franchise creato dal regista si sposta sul piccolo schermo: Craven è infatti produttore esecutivo della serie televisiva Scream, trasmessa su MTV.
A proposito del suo rapporto con la paura il regista, durante un'intervista per L'Unità, ha spiegato: 
La paura è una delle emozioni più importanti che l'uomo possa provare. La paura ci salva la vita. Facciamo i conti con essa tutti i giorni, da quando nasciamo a quando moriamo. Ho avuto molte paure nella mia vita. Ne ho avuta tanta quando è morto mio padre e io avevo solo sei anni. Ora sono anziano, le uniche paure che mi rimangono sono quelle della malattia, per me e per i miei figli.




lunedì 15 giugno 2015

BIANCA ROSA. SABRINA ANTONELLA ABENI



 

Bianca come la neve
rossa come il sangue...

Così era apparsa appena nata e tale rimase fino ai 15 anni.
Da quando aveva scoperto la sua presenza aveva fatto di tutto per procurarsi un aborto: buttarsi da un muretto (slogandosi solo una caviglia), mangiare grandi quantità di prezzemolo, liquirizia, cannella e tracannare litri di caffè (come le avevano consigliato delle amiche), di tutto tranne che andare ad abortire in ospedale, visto che era ancora minorenne e necessitava di essere accompagnata da un genitore.
Alla fine riuscì a procurarsi la tachicardia, mentre la gravidanza avanzò finché quella baldracca di sua madre se ne accorse e la cacciò via di casa.
Non sapeva con sicurezza chi fosse il padre di suo figlio, aveva frequentato tre uomini diversi (quattro se si contano gli abusi subiti dal patrigno da quando aveva 12 anni), eppure lei era propensa a pensare che fosse il pallido sconosciuto che aveva incontrato una fredda serata di novembre.
Era stato con lei solo tre volte per poi scomparire nel nulla così come era apparso, lasciandole il ricordo di quegli occhi neri che sembravano scrutarle l'animo.
E la gravidanza andò avanti, nonostante cercasse di annientarsi con droghe e alcool e la bambina nacque apparentemente normale.
Solo che per Gina la figlia non era una bambina come tante, l'aveva temuta nel momento in cui aveva aperto i suoi occhi grandi e neri, fissandola con un'espressione inquisitoria.
Furono le infermiere a darle un nome, perché a Gina non ne era venuto in mente nemmeno uno, la chiamarono Bianca Rosa, in onore del suo incarnato.
Non era riuscita mai ad amarla e per anni la considerò un peso, un ostacolo che le rendeva impossibile incontrare l'uomo dei suoi sogni ed avere una vita normale; era convinta di non riuscire a smettere di ubriacarsi in locali malfamati a causa dell'infelicità che la sua esistenza le procurava.
Eppure non aveva mai pensato ad abbandonarla in un orfanotrofio, la considerava una sua proprietà dalla quale, volente o nolente, non avrebbe mai potuto liberarsi.
Ma fu quando compì tredici anni e la luna rossa mensile cominciò a visitarla che cominciò a odiarla.
Improvvisamente si accorse degli sguardi dei suoi amanti occasionali posati sulle acerbe curve della ragazza che cominciavano a emergere e iniziò a vederla come una giovane donna, quindi una temibile rivale.
Le vietò di uscire dalla propria stanza quando degli uomini venivano a trovarla, la maltrattava ogni qual volta si accorgeva che veniva adocchiata per strada con desiderio.
Preferiva uscisse di casa il meno possibile e cercava di imbruttirla e abbattere ogni suo sicurezza procurandole solo vecchi gonnelloni consumati e scarpe bucate.
-Sei brutta! Sei pallida come uno spettro! Fai impressione!- Le diceva.
La totale mancanza di ostilità della giovane e l'incassare le umiliazioni in silenzio le facevano provare disprezzo per quella pusillanime.
Solo quegli occhi che, ogni tanto si posavano sulla madre, sembravano raccontare un'altra storia, sembravano dirle: -Umiliami e maltrattami pure. Tanto so di esserti superiore e un giorno te ne accorgerai.-
Non sopportava quello sguardo scuro, quegli abissi senza fondo in cui poteva nascondersi qualsiasi mostruosità.
Poi un giorno conobbe lui: un sogno adolescenziale incontrato con quindici anni di ritardo.
Si stava sbronzando al solito bar quando lo vide entrare: un ventenne dal sorriso mascalzone, dagli occhi pieni di giovanile sfida e il fisico di un dio greco.
Tutto ciò che avrebbe smosso i suoi ormoni sia a sedici anni che a trentuno.
Aveva notato piena di ammirazione i suoi bicipiti tatuati e il suo pavoneggiarsi pieno di sé e fece di tutto perché lui la notasse.
E ovviamente la notò, chi del resto non l'avrebbe fatto: in fondo era una donna desiderabile e scollacciata quanto basta.
Le si avvicinò col passo felpato di un leopardo, offrendole una birra.
Presto lei seppe ciò che le serviva: si chiamava Leonardo, aveva ventun'anni, si era appena trasferito in città in cerca di nuove emozioni, condivideva l'appartamento col fratello ed entrambi lavoravano per un'impresa come idraulici.
Lei lo voleva, ma non solo per una notte, quella l'avrebbe facilmente ottenuta, ma per più tempo possibile, magari per quel “sempre” dei sogni di ragazza.
Gli disse che aveva lo scarico del lavandino che perdeva (cosa effettivamente vera, ma di cui non si era curata fino a quel momento) e concordarono che sarebbe passato a ripararlo il pomeriggio seguente.
Fu così che pagò il lavoro in natura ed egli tornò da lei ogni giorno, annientandola con la sua passione entusiasta.
Ogni volta Gina si premuniva di vietare alla figlia di lasciare la propria stanza, per poi dimenticarsi della sua esistenza tra le braccia del giovane.
Quando Leonardo si addormentava sul suo letto esausto, ella ne ammirava il viso angelico sopra quel corpo scultoreo, divorata da un misto di tenerezza e desiderio.
Avrebbe voluto averlo sempre con sé, ma come avrebbe fatto a nascondergli la presenza di una figlia?
Una sera a Leonardo parve di sentire un rumore provenire da una stanza e le chiese se ci fosse qualcun altro, Gina negò e il giorno dopo strapazzò per bene Bianca per non essere stata abbastanza silenziosa.
Continuò così a rimandare il problema fino a quando un giorno finì per cozzarci violentemente contro.
Una sera quando, dopo l'amplesso, Leonardo era dovuto andare in bagno, Gina sentì la sua voce mentre si rivolgeva a qualcuno; corse fuori dalla stanza sperando che stesse parlando al cellulare ma sapendo in realtà cos'era accaduto: i due si erano incontrati in corridoio.
Lui le stava ponendo delle domande e lei non rispondeva, limitandosi a spalancare i suoi occhi di pece mentre le sue guance arrossivano ancor più del solito.
-Cosa fai qui?! Torna subito in camera tua!!- Le ordinò la madre.
La ragazza cercò di balbettare che aveva solo avuto necessità di andare in bagno, ma la donna la strattonò verso la sua camera e ve la rinchiuse.
-Chi è quella ragazza?- Chiese Leonardo sbalordito.
-Quella stronzetta di mia figlia-, si lasciò scappare Gina per poi pentirsene subito dopo: perché non gli aveva detto che era sua sorella?
-Ma a che età l'hai avuta?-
-Ero molto giovane-, cercò di giustificarsi, ma ormai sapeva che lui avrebbe capito che doveva esserci molta differenza di età fra loro due.
Sperava che la faccenda si fosse conclusa con quello sfortunato episodio, ma quella streghetta, in pochi minuti, sembrava aver avvelenato il sangue di Leonardo.
Qualcosa quella sera si era inevitabilmente incrinato.
A letto egli aveva perso il suo slancio passionale, anzi spesso evitava i tentativi di approccio da parte di Gina.
Lei si chiedeva se fosse dovuto al fatto che ella gli aveva nascosto la sua vera età e il fatto di avere una figlia, ma per esperienza sapeva che quando un uomo desiderava veramente una donna, non c'era menzogna od omissione che potesse spegnere la sua passione.
Cominciò a scrutare con attenzione la figlia che si limitava ad arrossire e, stranamente, a evitarne lo sguardo; Gina era sicura che osservandola avrebbe trovato la risposta all'atteggiamento freddo di Leonardo.
Un giorno decise di mandare Bianca a comprare qualcosa al supermercato per ispezionarne la stanza.
La sua camera da letto era molto spartana, pochi vestiti sdruciti, qualche foglio su cui scarabocchiava dei disegni che Gina trovava raccapriccianti, alcune candele spente di fronte a uno specchio e un paio di libri presi in prestito dalla biblioteca.
Perciò non tardò molto a trovare un vecchio e sbilenco cofanetto dove erano riposti dei fogli scritti a mano.
L'unico modo infatti con cui qualcuno avrebbe potuto comunicare con la ragazza era tramite lettere manoscritte, dato che non possedeva né computer né cellulari; con una grafia incerta e sgrammaticata, fatta di frasi semplici ma accorate, qualcuno dichiarava il proprio amore incondizionato a Bianca, firmandosi appunto Leonardo.
Le chiedeva di rispondere alle sue lettere nascondendole sotto un mattone a fianco all'entrata di casa, implorandola di fuggire con lui per coronare il suo sogno romantico.
Le confessava inoltre di non amare Gina, anzi di detestarle e disprezzarla per il modo crudele in cui la trattava.
Il livore della rabbia cominciò a scorrerle nelle vene come lava incandescente; si precipitò a controllare sotto il mattone citato nella lettera ma non vi trovò nulla: forse Leonardo aveva già ricevuto la sua risposta prima che ella potesse controllare.
Fu allora che capì che ci sarebbe stato solo un modo per essere finalmente felice e a fianco di un uomo che amava.
Attese il ritorno della ragazza per aggredirla alle spalle, Bianca si divincolava cercando di liberarsi dalla stretta attorno ai suoi capelli mentre la madre la ricopriva di insulti accusandola di essere una puttanella e di volere tutti gli uomini per sé.
La ragazza protestava sostenendo di non aver fatto nulla di male, quando Gina le mostrò le lettere incriminate: ella pianse affermando di non aver mai risposte a quei messaggi, ma ella non le credette e afferrò un coltello in cucina.
Bianca, alla vista dell'arma, impallidì e riuscì a sfuggirle lasciandole una ciocca nera tra le mani, Gina la lasciò cadere per terra rabbrividendo come se fosse stata una serpe.
Invece che tentare di uscire fuori di casa si rinchiuse nella propria camera da letto.
La madre, ormai in preda a una furia sfrenata e invasa da una forza impensabile per una donna minuta come lei, cominciò a scagliarsi contro la fragile porta, incurante delle schegge che le si conficcavano sugli avambracci e del dolore pulsante agli arti.
Quando finalmente riuscì a scardinare la porta si precipitò nella stanza osservandola incredula.
La figlia aveva acceso le candele di fronte allo specchio e guardava come ipnotizzata il proprio riflesso; in quel momento una fuggevole domanda passò nella mente della donna: dove diavolo aveva preso quello specchio dalla cornice antica e impolverata? Perché non ci aveva mai pensato prima d'ora?
Ma la furia della gelosia prevalse; la strattonò di nuovo per i capelli sbattendole il viso sul vetro dello specchio che però non s'infranse.
-Ti stavi ammirando, sgualdrinella? Guardati bene perché non incanterai più nessuno con quel tuo visino da streghetta...da quando sei nata mi hai avvelenato la vita, avrei dovuto buttarti da un ponte quando eri neonata, ma posso rimediare adesso...-
La figlia alzò lo sguardo e la fissò attraverso il riflesso dello specchio con i suoi pozzi neri; non sembrava volerla più supplicare, il suo tono di voce fu freddo e pacata: -Non ti rendi conto di quello che stai per fare...non sai quello che accadrà dopo...-
-Oh sì che lo so...schifosa puttanella- e la accoltellò alla schiena una, due, tre volte, il coltello penetrava in una carne che sembrava inconsistente.
La ragazza piombò a terra come un manichino, senza proferire alcun lamento, bianca come la neve, rossa come il sangue.
In fondo era stato più facile del previsto, Gina si passò il dorso della mano sulla fronte sudata con un sospiro di sollievo.
La notte caricò il cadavere in macchina e lo buttò dal fiume, nessuno l'avrebbe cercata, non aveva amici, né parenti, non andava a scuola da due anni.
Quell'essere sarebbe sparito nel nulla da cui era apparso.
Certo Leonardo l'avrebbe cercata, ma Gina gli avrebbe mentito dicendole di averla mandata da una zia per tenerla lontano da lui, si sarebbe rassegnato e sarebbe tornato da lei.
Il problema era che Leonardo non si lasciò convincere a desistere così facilmente.
-Dimmi cosa le hai fatto?! Dove l'hai mandata disgraziata!-
-Lontana da te. Non puoi pretendere di fare la corte a mia figlia quando hai una relazione con me.-
-Non ho nessuna relazione con te...mi fai schifo, mi hai mentito, sei una madre degenerata, ti disprezzo. Non aveva fatto nulla di male, non ha mai risposto alle mie lettere. Come fai a trattare in questo modo tua figlia!-
E non sapeva tutta la storia...Gina cominciò a sospettare che sarebbe stato difficile riconquistarlo.
In ogni caso poco male, la cosa più importante era essersi sbarazzata di quella diabolica mocciosa.
Così parve inizialmente non avere alcun rimorso per il delitto che aveva commesso, anzi una strana sensazione di euforia e sollievo la pervadeva: era di nuovo una donna libera di decidere della propria vita.
Così visse spensieratamente per un anno, evitando però di entrare nella stanza che era appartenuta a Bianca.
Fu quando però si avvicinò il primo anniversario della sua morte che atroci incubi cominciarono a perseguitarla: ciocche di capelli neri che sbucavano dal buio, una pallida e fredda mano che le si avvolgeva sul collo mentre delle orbite nere le risucchiavano l'anima.
Si svegliava urlando, terrorizzando il suo amante di turno che decise di non dormire più con lei.
Pensava di essersi liberata definitivamente di quella creatura quando ella tornava a perseguitarla nel sonno, quando più era indifesa.
Che cos'era stata quella ragazza? Era stata una giovane come tante? Da dove era saltata fuori? Da dove era sbucato quello che pensava esserne il padre?
Fu allora che Gina cominciò a porsi seriamente questi interrogativi.
E l'ultima frase che le aveva rivolto? Intendeva parlare di una giustizia umana, divina, o qualcos'altro che l'attendeva?
Si accorse di non aver mai saputo nulla di sua figlia, tranne che tutti gli uomini la trovassero irresistibilmente attraente non appena incrociavano il suo sguardo.
Era credente? In quale dio credeva? Come trascorreva le giornate rinchiusa nella sua stanzetta? A cosa servivano quelle candele? Dove aveva trovato lo specchio?
Per questo motivo rimise piede nella sua camera a un anno di distanza dalla sua uccisione.
Accadde dopo l'ennesimo incubo, ancor più terribile e verosimile dei precedenti, dopo il quale si svegliò zuppa di sudore e con il cuore che sembrava volerle squarciare il petto.
Dopo essere stata in cucina per bere una birra gelata, prese coraggio ed entrò in quella stanza.
Si avvicinò ai fogli sparsi nella stanza in cui la ragazza aveva tracciato dei bizzarri disegni che, fino ad allora, Gina non aveva mai osservato con attenzione.
In essi vi erano tracciati, con un talento di cui solo in quel momento si era accorta, dei simboli, uno scarabeo e un'insolita colonna con quattro linee verticali che l'attraversavano, ricordando una colonna vertebrale, ma il disegno più inquietante per Gina fu quello di un'ombra di una sagoma maschile che le era molto famigliare, una figura che ella non pensava che Bianca Rosa avesse mai visto.
Tutti i disegni erano cosparsi da segni sconosciuti che ella non era in grado di decifrare.
Pensieri caotici l'assalirono: da dove era venuto quell'uomo la cui sagoma inconfondibile era stato riprodotta da quella che probabilmente era sua figlia? Chi era veramente e perché non aveva mai cercato di scoprirlo?
Nascosti in fondo a un cassetto trovò due oggetti che rappresentavano i simboli che la ragazza aveva disegnato, lo scarabeo e la colonna, riccamente intarsiati e probabilmente d'oro e pietre preziose: dove accidenti li aveva mai trovati dato che sembravano essere molto preziosi?
Fu in quel momento che sentì un vocione tuonare alle sue spalle: -Li abbiamo cesellati per lei, la figlia del nostro signore.-
Con uno strillo si lasciò scappare di mano la piccola colonna e si voltò per vedere chi avesse parlato: una strana creatura dalla corporatura tozza e che non superava il metro e trenta di altezza la stava osservando dall'ingresso della stanza, con un ghigno sul volto pallido e baffuto, con occhi verdastri che rilucevano nel buio.
-Chi sei?!- Riuscì solo chiedergli con una voce che pareva un rantolo.
-Siamo i dvergar, nati dalla carne putrefatta di un dio defunto.-
Fu in quel momento che dal buio sbucarono altre sei creature simili a lui.
-Andate via o chiamo la polizia-, provò a minacciare lei, rattrappendosi contro la parete.
La loro risata collettiva risuonò terribile nella casa, ella si portò le mani alle orecchie nel vano tentativo di attutirne il rumore che però continuava a rimbombarle nel cervello.
-Noi siamo venuti qui per accompagnare la nostra signora, perché ella desidera mostrarti il nostro regno. Guarda lo specchio-
Gina lo fece...quello specchio misterioso sbucato chissà da dove.
Ne osservò con maggior attenzione gli intarsi dorati, le pesanti decorazioni che rappresentavano nodi e intrecci che sembravano cambiare forma in maniera impercettibile.
Fu allora che Gina vide una sorta di nebbia impadronirsi della superficie riflettente è udì dei passi leggeri a lei noti provenire da dietro lo specchio.
Chiuse gli occhi e scosse la testa: non voleva sapere chi stesse per uscire fuori da quella foschia.
Una mano gelida le sfiorò la fronte, mentre l'odore di fiori marciti nell'umidità di una tomba si spandeva per la stanza.
-Mamma, guardami-le sussurrò.
Non voleva farlo per nulla al mondo, eppure i suoi occhi sembravano avere vita propria e non le obbedivano; si aprirono mostrandole un essere che era Bianca Rosa, ma anche qualcos'altro.
Il pallore aveva preso il sopravvento sul suo volto, facendo scomparire il rossore delle guance, gli occhi erano delle orbite nere e abissali, ma la bocca era di porpora.
Le onde dei suoi capelli fluttuavano nell'aria e si protendevano verso Gina come famelici serpenti neri; indossava ancora gli abiti del giorno in cui l'aveva uccisa, solo che ora erano sporchi e consunti e i suoi piedi erano scalzi.
-Non può essere vero....tu sei il demonio, l'ho sempre saputo.- Singhiozzò la madre cercando di sottrarsi alle carezze ripugnanti della figlia.
-Vieni con noi, ti faremo rivedere papà...grazie a te ora viviamo insieme; ti prometto che sarai tu la più bella del regno-, sussurrò la creatura mentre le orbite nere luccicano.
Tutto ciò che desiderava in quel momento era sfuggirle, allontanarsi da quel mostro che aveva generato e vide la sua unica via d'uscita: la finestra aperta accanto a lei.
Vi si precipitò e si gettò dal settimo piano, preferendo la morte a quella visione: ma non morì subito.
L'ultima immagine che vide fu sua figlia, scesa in strada e accucciata vicino a lei: la ragazza, assorta, le sfiorò il viso e si toccò la guancia con la mano sporca del suo fluido vitale.... Bianca come la neve, rossa come il sangue...







domenica 26 aprile 2015

LUCI E OMBRE: H.R. GIGER TRIBUTE. AMALIA DI SANTE


Amalia Di Sante è nata a Teramo e vive nel comune di Castellalto.
Artista autodidatta, ha all'attivo diverse personali a Roma, Giussano, Spilamberto (MO) e Forlì e numerose collettive.
I suoi dipinti si trovano sia in Italia che all'estero (in paesi come l'Austria, la Polonia, il Canada, gli Stati Uniti e l'Arabia Saudita). Una sua opera è collocata nella Pinacoteca di Soliera (Modena).
Ha vinto numerosi premi artistici e ricevuto vari riconoscimenti.
Attualmente è vicepresidente e direttore artistico dell'Associazione Bellant'arte, dove organizza anche corsi di formazione artistica.


 


LUCI E OMBRE: H.R. GIGER TRIBUTE: DORIANO GHIDOTTI


Doriano Ghidotti è nato a Pavia il 03/02/1957 ed è residente a Canicossa di Marcaria (Mantova).
Ha conseguito il diploma di maturità artistica nel 1976 all'Istituto Statale d'Arte (Giulio Romano) di Mantova.
Dopo aver sperimentato le tecniche di pittura più tradizionali olio, tempera, acrilico. acquarello,  nel 1992 ha iniziato da autodidatta a usare l'aerografo.
Nel1998 ha aperto uno studio di aerografia, ma dipingere su commissione gli stava stretto e dopo 2 anni ha chiuso il negozio.
Dopo una lunga pausa di 6 anni riprese in mano l’aerografo, ma accanto ad esso sperimentò nuove forme espressive come il dripping.
Il 22 gennaio 2011 si svolge la personale The colors is just beginnings  allo Studio d'Arte Il Sagittario a Mantova.
Ha vinto il premio speciale ChianinArt commemorativo del 150° dell'unità d'italia nel 2011 organizzato dall'associazione Amici della Chianina a Bettolle (Siena).

Ha aderito a varie collettive a Mantova, Pavia, Gavi Ligure, Barletta e Milano.
Dal 10 al 22 ottobre 2013 si svolge la collettiva a «Travel pass from italy»  a Londra presso la Vibo Gallery.
Nel 2014 inizia la collaborazione con Orler Factory.


http://www.thereturn.it/index.html






LUCI E OMBRE: H.R. GIGER TRIBUTE. VALENTIN MARICA (DA VIATA)


Valentin Marica, il cui nome d'arte è Da Viata, è il più giovane artista della mostra, è nato infatti nel 1994 a Bucarest .
Ha studiato alla Scuola Tecnica di Architettura e lavori pubblici e ora studia psicologia.
Artista autodidatta, afferma di essere alla ricerca di uno stile nuovo in cui si fondono espressionismo e surrealismo astratto.





LUCI E OMBRE: H.R. GIGER TRIBUTE. MARTIN BLANCO


Martin Blanco è nato il 15/06/1974 a Buenos Aires, Argentina.
Si è laureato nel 1999 alla scuola di Belle Arti Prilidiano Pueyrredón.
Dopo aver disegnato e dipinto per la maggior parte della sua vita, è passato dall'arte tradizionale a quella digitale nel 2003.
Le sue immagini sono realizzate con una combinazione di manipolazione fotografica e pittura digitale.
Ha vinto più di 20 premi internazionali di disegni e arte digitale, tra cui il "Best Comic Book" al  New York Horror Film Festival del 2007.
Ha esposto in diverse personali in Argentina, Spagna e Andorra e ha partecipato in più di 25 collettive a Londra, Berlino, Los Angeles, Barcellona, Polonia e Canada.
Si è occupato di illustrazione e design, realizzando copertine di libri, CD e DVD.
Attualmente vive ad Andorra e lavora come illustratore freelance.




sabato 25 aprile 2015

LUCI E OMBRE: H.R. GIGER TRIBUTE. HIKARU H. MIYAKAWA


Hikaru Hirata Miyakawa è un artista di origine giapponese, che fin dai 4 anni è stato circondato da un'atmosfera culturalmente stimolante, provenendo da una famiglia di artigiani ed intellettuali. Infatti si è espresso attraverso diversi mezzi come l'arte, la musica, la scrittura e la recitazione.
Come artista si definisce un vero "manierista", dipinge e crea oggetti artistici assemblati con vari materiali.
Attualmente vive negli Stati Uniti, la sua arte è stata esposta in tutti il mondo, in paesi come la Germania, l'Italia, il Regno Unito, la Francia, la Grecia, il Giappone, l'Australia e gli U.S.A.
Il suo nome è stato incluso nella prima edizione dell'Enciclopedia degli artisti fantastici, insieme a Salvador Dali, Giuseppe Arcimboldo e Francis Bacon.

http://hikalux.weebly.com/





LUCI E OMBRE. H.R. GIGER TRIBUTE. OLESYA VOLK




Olesya Volk nasce a Baku, Azerbajan poi si trasferisce a Mosca. Ha scritto sceneggiature per il teatro delle marionette, storie per bambini e recensioni teatrali. Si trasferisce a Los Angeles nel 1992, dove studia Animazione alla UCLA., realizza animazioni per il web e insegna arte ai bambini. Ha pubblicato qualche graphic novel fantasy.  Ha partecipato ai seminare a Payerbach, Austria, del prof. Phillip Jacobson, e da quel momento ha intrapreso un nuovo percorso artistico, quello dell'arte visionaria. In seguito ha esposto a Los Angeles.




LUCI E OMBRE: SECONDO VIDEO DI PRESENTAZIONE

Ecco a voi il suggestivo secondo video di presentazione della mostra Luci e ombre: H.R. Giger Tribute che si terrà a Teramo, dall'8 al 14 maggio.
Un ringraziamento all'artista Ettore Aldo Del Vigo per sua realizzazione.


Dedalus Studi: LUCI E OMBRE: HANS RUEDI GIGER NELLA CULTURA POSTM...

Dedalus Studi: LUCI E OMBRE: HANS RUEDI GIGER NELLA CULTURA POSTM...: Parallelamente alla mostra internazionale Luci e ombre  si terranno a Teramo degli incontri e riflessioni sulla figura del compianto H.R. G...

mercoledì 22 aprile 2015

LUCI E OMBRE: H.R.GIGER TRIBUTE. LUCA ROSSI


Luca Rossi ha 43 anni, vive e lavora a Roma.
Artista autodidatta, fa parte dell' "Exquisite Corpse Group" dove collabora con numerosi artisti di tutto il mondo. 
Ha partecipato a delle mostre a Roma e provincia. 
Lavoro prettamente a matita, china e bic, ma non disdegna l'olio e l'acrilico. 
Il suo artista prediletto è Hans Ruedi Giger, ama la fantascienza ed è sempre stato attratto dagli scenari proiettati verso il futuro.


http://www.vagallery.com/luca-rossi-martini.html






lunedì 20 aprile 2015

LUCI E OMBRE: H.R. GIGER TRIBUTE. MARINO MELARANGELO



Nato a Teramo nel 1974, vive e lavora tra Teramo e Roma. Diplomato all'Accademia di Belle Arti di Roma, si è successivamente specializzato presso l’Accademia di Belle Arti de L’Aquila. Ha ottenuto il Diploma di Perfezionamento in Arte Sacra Contemporanea frequentando la Fondazione Stauros di San Gabriele nel Corso di Perfezionamento in Arte per la Liturgia. È abilitato all'insegnamento di materie artistiche nelle scuole superiori. Numerose le esposizioni  in Italia e all'estero. La prima collettiva a Roma, nel 1991, con “L’uomo e il lavoro” presso il Centro San Giuseppe Artigiano. Nel 1996, a Bologna, fa parte dei quindici artisti selezionati dalle Accademie di Belle Arti per “Cosmoprof”. Nel 2001 partecipa alla II° Biennale di Porto Ercole (Grosseto) nel Forte Stella; nel 2002, a Seul, ad “Arte Italiana in Corea”; nel 2004, a Parigi, al Centre La Villette, ad “Artisti per la Palestina”. Tra le più recenti, figurano la partecipazione del 2010 a San Gabriele (Teramo), presso il Museo Stauros, per “Cento artisti disegnano la Madonna di Onna”, e quella del 2011, a Venezia, per la 54° Biennale Internazionale.  Ha illustrato vari libri tra cui “Lettere alla madre” di Edith Bruck, The Modern Language Association of America, New York.
La sua arte privilegia la dimensione metafisica e surreale, la sua tecnica preferita è il pastello su carta o su tavola.




sabato 18 aprile 2015

LUCI E OMBRE: H.R. GIGER TRIBUTE. LUIGI MARIA FERIOZZI

 
 
Luigi Maria Feriozzi è nato a Teramo nel 1944.
Ha studiato lettere classiche presso l'Università la Cattolica di Milano.                                                                                                                                        
Dopo 30 anni di lavoro a Milano rientra in Abruzzo a Villa Penna di Bellante dove vive e dipinge. A Teramo all’età di 14 anni vince il 3° Premio della Mostra del Tempietto,varie Mostre collettive ed estemporanee, partecipazioni a manifestazioni nazionali. A Milano Galleria Verri 3, Galleria Vinciana, Collettiva “Amici dei Navigli”. Partecipa al Premio Sarzana. Attualmente è nel Direttivo dell’Associazione Artistica Culturale BELLANTARTE.
Definisce la propria arte neoespressionista astratta, la sua tecnica preferita è l'acrilico su carta.
 
 
 


 

LUCI E OMBRE: H.R. GIGER TRIBUTE. ANTONIO SALAMINO


 
Antonio Salamino nasce a Brindisi il 20.6.1953.
Nel 1971 consegue la maturità artistica presso il liceo artistico di Salerno e quattro anni dopo si diploma in pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Bari.
Attualmente è docente di discipline pittoriche presso il liceo artistico di Teramo.
Ha esposto in varie personali e collettive a Salerno, Bari, Teramo, Ascoli Piceno e Milano.
Hanno scritto sul suo lavoro Pietro Marino critico d’arte di Bari, il Messaggero, il Tempo, il Centro di Teramo, il Resto del Carlino di Ascoli.
Realizza quadri, ceramiche, opere grafiche, installazioni, sculture e si occupa anche di fotografia.




mercoledì 8 aprile 2015

LUCI E OMBRE: H.R. GIGER TRIBUTE. TONINO MACRÌ


Scultore autodidatta, Tonino Macrì nasce a Canzano il 7 Agosto 1950 da umile famiglia di contadini. Nella seconda metà degli anni Sessanta trasferisce la sua residenza nel Comune di Bellante, nei pressi della frazione Ripattoni, dove si stabilisce definitivamente con la moglie Maria e i figli Paolo e Emilia. L’aia della casa di campagna è il suo primo laboratorio. La creta delle pozzanghere è la malta con la quale inizia a modellare le prime forme. Con la maturità la vocazione artistica si consolida ed emergono estro e creatività. Modella legno, pietre e marmi ricavando antichi lumi, candelabri, mortai e figure mitologiche.
Nella sua are rievoca la scultura micenea, i suoi temi preferiti sono quello religioso e il mitologico.
Ha esposto in varie mostre personali e collettive.
Nel 2007, nel contesto di “Artisti per la vita”, progetto dell’ADMO di Teramo, ha esposto le sue opere  nella Sala Comunale in via Nicola Palma a Teramo riscuotendo successo di pubblico e di critica. Innumerevoli personali si sono succedute dal 2007 al 2009 ( ricordo quelle tenute nel palazzo “Saliceti” a Ripattone di Bellante e Collettive: “Ripattoni in Arte”, Villa Comunale di Roseto degli Abruzzi, Palazzo Municipale di Notaresco, Centro Commerciale Megalò di Pescara.
Nel 2010 a Pescara ha ricevuto il terzo premio nel XVII Concorso Nazionale “G. D’Annunzio” di pittura e scultura. Di recente gli è stato attribuito il Trofeo di “Artista dell’Anno” nella manifestazione denominata “Artexpo Gallery” di Cesenatico. Nel 2011 si è classificato al secondo posto nel XIX Concorso Nazionale di pittura e scultura “G. D’Annunzio” che si è svolto a Pescara dal 24 al 30 Ottobre.

http://www.toninomacriscultore.it/site/





domenica 5 aprile 2015

LUCI E OMBRE: H.R. GIGER TRIBUTE. ETTORE ALDO DEL VIGO


Ettore Aldo Del Vigo è nato a Basilea in Svizzera. Dopo aver conseguito il diploma di di grafica editoriale in una tipografia specializzata in libri e cataloghi d' arte dove ha modo, tra gli altri, di conoscere Max Ernst uno dei padri del surrealismo si trasferisce in Sardegna dove entra in contatto con vari artisti locali partecipa a numerosi concorsi e collettive d' arte.
Nel 79 allestisce con successo la sua prima personale cui fanno seguito altre esposizioni, nel 2000 esegue una serie di dipinti per la chiesa di S. Paolo Apostolo in Sassari tra cui la Pala dell'Altare e nel 2004 l' Ambasciata Italiana a Londra gli commissiona una serie di opere da installare nella sala da ricevimento. Attualmente vive e lavora a Sassari.